Indennità ai vertici della polizia locale, la Corte dei Conti: 236 mila euro di danno erariale
Un danno erariale di ben 236 mila euro: è questo che ha fissato la sentenza della Corte dei Conti del Veneto sulla vicenda della scelte del consiglio di amministrazione del consorzio di polizia locale Nordest Vicentino relativamente alle modalità dell’incarico attribuito al comandante fra il 2017 e il 2022.
La sentenza del giudice regionale che verifica la contabilità pubblica è stata depositata ieri e porta alla condanna in primo grado di amministratori locali e dirigenti: l’ex sindaco di Thiene Gianni Casarotto, allora presidente del consiglio di amministrazione del Consorzio, è stato condannato a rimborsare quasi 100 mila euro, mentre gli altri due componenti del cda – l’ex sindaco di Monticello Conte Otto Claudio Benincà, e l’attuale sindaco di Fara Maria Teresa Sperotto, devono rimborsare all’Erario rispettivamente circa 60 mila e 12 mila euro. 23 mila euro anche per la richiesta di rimborso di un dirigente e di 17 mila per la segretaria. Per l’ex comandante del Consorzio Giovanni Scarpellini (oggi comandante della polizia locale Alto Vicentino) il rimborso è stato fissato in 6 mila. Assoluzione invece per un revisore dei conti e per l’altro membro del cda, Susanna Gioppo.
I fatti
La Procura della Corte dei Conti aveva contestato una cifra doppia, circa 470 mila euro, la natura del contratto, affermando che ‘più corretto sarebbe stato configurare il posto di Comandante/Direttore del Consorzio NE.VI quale dirigenziale, con l’attribuzione del relativo trattamento economico’. Il ruolo di comandante era configurato infatti fin dall’inizio dell’attività del consorzio, nella categoria di ‘Funzionario Cat. D3 Regioni – Enti Locali – Alta Specializzazione a tempo determinato’, di livello quindi inferiore, nonostante sia chiamato a guidare una struttura complessa, composta da più di quaranta agenti con compiti impegnativi a garanzia di legalità e sicurezza del territorio.
Il comandante della polizia locale, grazie alle indennità “ad personam” avrebbe ricevuto, pur essendo inquadrato come funzionario di alta specializzazione, uno stipendio complessivo più alto, pari a quelle di un dirigente pubblico: questo in sintesi, il danno erariale fissato dalla sentenza depositata ieri. La Corte, con a capo la Presidente di Sezione Marta Tonolo, è giunta infatti alla decisione di condannare i convenuti per due ipotesi di danno erariale su tre, fra quelle contestate dalla Procura: la prima è relativa al danno provocato al Consorzio dalle decisioni relative all’incarico dato a Scarpellini e alle relative indennità, la seconda fa riferimento invece agli incarichi di vicecomandante e capoareaaffidati a stretti collaboratorio dell’ex comandante. La terza contestazione, dalla quale tutti son stati prosciolti, si riferiva invece all’uso del Fondo di Produttività usato per il pagamento di turni serali e notturni. Le difese, con i legali Brasson, Pagliarin e Roncoroni, avevano asserito non esserci stato danno erariale in quanto la condivisione del comandare con il Consorzio di Schio e con quello di Bassano aveva portato un beneficio economico a quello di Thiene.
Le reazioni
La notizia della condanna ha lasciato di sasso i diretti interessati, convinti di aver dimostrato l’assenza del danno erariale. “Voglio leggere bene la sentenza per farmi un’idea più chiara – afferma un affranto Giovanni Casarotto – ma davvero fatico a capire dove sarebbe stato il danno all’Erario. C’è stato un errore iniziale di inquadramento, ancora nel 2006 al momento dell’istituzione del consorzio con Attilio Schneck, quando Scarpellini era privo di laurea per poter essere inquadrato come dirigente. La cosa si è trascinata di sindaco in sindaco, fino a me, ma paghiamo noi perchè il controllo si ferma agli ultimi cinque anni. Stupisce che siano stati condannati pesantemente gli amministratori, con incarichi gratuiti, e molto meno i tecnici pagati per dare pareri di regolarità contabile. In ogni caso faremo ricorso”.
Sintetica la dichiarazione di Giovanni Scarpellini, deciso a fare ricorso in appello a Roma, più che altro per una questione di principio: “Sono solo seimila euro e sono anche assicurato, ma ritengo questa sentenza una grave ingiustizia, per questo ho già deciso di procedere in secondo grado”.
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