Spettacolando – Il futuro è tra mezz’ora: all’Olimpico le emozioni delle ultime 48 ore di Dalla
Il Teatro Olimpico di Vicenza accoglie anche quest’anno alcuni spettacoli della rassegna itinerante Festival della Bellezza. Si è iniziato il 29 giugno, ed è un gradito ritorno quello di Federico Buffa che porta sul palco uno spettacolo dedicato alle ultime ora di vita di Lucio Dalla, prima della sua morte. Con i testi di Cesare Pomarici, la regia di Alessandro Nidi al pianoforte ed Emanuele Nidi, chitarra e voce, Buffa detta i tempi con il suo timbro di voce che è oramai marchio di fabbrica.
E’ un viaggio lento attraverso la vita di Lucio, quella nelle retrovie, non scandita dalle cronache dei giornali.
Un successo maestoso quello del cantautore bolognese, condiviso nell’ombra dal poeta bolognese Roberto Roversi. Roversi era paroliere delle sue canzoni dal 1973, ma soprattutto anima fraterna e cuore pulsante di Dalla: quando la morte lo ha raggiunto, Lucio ha quasi smesso di pensare alla vita e al futuro, al punto che pare abbia smesso di occuparsi del suo testamento, sul quale ancor oggi aleggiano ombre e misteri.
Gli anni della sua splendente carriera erano quelli dei grandi cantautori italiani, i maestosi De Gregori, De André e Guccini ( Battisti correva in un’altra gara); Dalla è stato sempre messo un passo indietro. Forse perché pop rispetto ai mostri sacri, forse perché istrionico, forse per la sua vita personale mai ben definita, forse perché i suoi potenti testi erano così avveniristici e trasversali che quasi iniziamo a scoprirli ora, nel loro profondo. E con questo aggettivo non possiamo che iniziare a fischiettare com’è profondo il maaaaare, il suo mare che luccica dove tira forte il vento.
Dalla ci è sempre sembrato troppo vicino, o troppo distante; con i suoi eccessi e la sua carnalità, il suo bisogno sparire, lontano da tutto e tutti. Che poi quando spariva era sempre lì, nelle isole Tremiti, che lo accoglievano, lo ispiravano e lo proteggevano dal vociare della gente.
Dalla ci ha lasciati nel bel mezzo di una tournée a Montreux, quando nel cuore delle alpi svizzere un arresto cardiaco ci ha privati di lui. La sua bara è stata scortata in processione verso l’Italia, con le attenzioni che si danno ai capi di stato.
Non è solo la sua voce a mancarci ma quella luce che emanava quando seduto al pianoforte tutto spariva e diventava buio, e la luce, quella del Golfo di Sorrento, era solo per lui. Lui che a Sanremo è stato obbligato a cantare una canzone di Tenco subito dopo la sua morte: era giovane, ed è sceso a compromessi. Poi però basta e non si è più schiarato, né a destra né a sinistra scegliendo di essere libero di pensare, amare e cantare ciò che voleva. Che fosse Ayrton, Milano, una Stella di mare; la Felicità, Il Parco della Luna o La Sera dei miracoli (a cui far attenzione): ma voi l’avete mai vista una puttana ottimista di sinistra?
Paolo Tedeschi