Rientrati in Italia la compagna e il figlio di Giacomo Bozzoli. Lui ancora latitante

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Sono rientrati in Italia con un treno partito dalla Spagna la compagna e il figlio di Giacomo Bozzoli, latitante da lunedì dopo essere stato condannato in via definitiva al’l’ergastolo per omicidio dello zio Mario. Non si era presentato in aula a Roma per seguire l’udienza perché, stando alle parole del padre, si trovava nella sua abitazione sul lago di Garda ma quando intorno alle 20 i Carabinieri si sono presentati presso la sua abitazione Giacomo Bozzoli non c’era.

Dal 20 al 30 giugno la famiglia si trovava in un albergo a Marbella e mentre ora compagna e figlio si trovano già a Brescia di Giovanni Bozzolo si sono perse le tracce. La donna non è indagata ma sarà ascoltata dagli inquirenti nelle prossime ore.

Prende quindi piede l’ipotesi di un clamoroso depistaggio messo in atto la mattina del 24 giugno scorso quando tra le 5.51 e le 6.03 la Maserati Levante intestata a Bozzoli era stata registrata dai lettori di targa tra Manerba del Garda e Desenzano, in provincia di Brescia. Ci si chiede dunque che ci sarebbe stato al volante al posto di Bozzolo che avrebbe quindi lasciato l’Italia 10 giorni prima della sentenza definitiva.

Giacomo Bozzoli è stato condannato all’ergastolo per aver ucciso lo zio, l’imprenditore Mario Bozzolo e per essersi sbarazzato del corpo dell’uomo, scomparso nel nulla l’8 ottobre 2015, quando aveva 52 anni, e di cui non è mai stata ritrovata la salma. Dopo nove anni la Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo già stabilita nel primo e nel secondo grado di giudizio dalle corti di Brescia. Giacomo Bozzoli in tutto questo tempo è sempre rimasto in libertà. I legali di Giacomo Bozzoli avevano provato a far annullare le prime due sentenze per “vizi procedurali”, ma la richiesta è stata rigettata dalla Cassazione.

Secondo i giudici l’uomo gettò lo zio nel forno della fonderia di famiglia, di cui era titolare insieme al padre Adelio. Secondo la ricostruzione della vicenda la sera dell’8 ottobre 2015 l’imprenditore Mario Bozzoli telefonò alla moglie intorno alle 19.15 e parlarono di una cena in una trattoria vicino a casa. Alle 19.18 si verificò una fumata anomala nel forno grande della fonderia: è in quel momento che il corpo di Mario Bozzoli sarebbe stato dato alle fiamme. Già dal giorno successivo alla sua scomparsa si iniziò a pensare all’omicidio.

Sei giorni dopo vi fu un’altra morte: Giuseppe Ghirardini, operaio della fonderia, venne trovato senza vita a Case di Viso, in Valcamonica. Fu un suicidio spinto dal senso di colpa: Ghirardini nelle carte della Corte d’assise d’appello di Brescia viene indicato come l’unica di due persone che, oltre a Giacomo Bozzoli, gravitavano intorno al “ristretto ambito spaziale e temporale” dell’omicidio. E a casa sua furono trovati 5mila euro in contanti, forse il compenso per la sua partecipazione alla distruzione del cadavere. L’altro nome fatto è quello di Oscar Maggi: le indagini a suo carico si sono chiuse da poco e a breve la Procura chiederà il rinvio a giudizio per concorso in omicidio.

I giudici dell’appello, nel 2022, parlavano di “Giacomo Bozzoli come dell’unica persona in cui è risultato coesistere, unitamente all’odio ostinato e incontenibile (.) nei confronti della vittima, anche l’interesse economico per ucciderla riconducibile agli interessi societari e familiari. Lo zio era colpevole a suo avviso di guadagnare dalla società di famiglia alle spalle degli altri componenti e di intralciare i suoi affari”.

C’è poi chi dovrà rispondere di falsa testimonianza. Si tratta del fratello di Giacomo Bozzoli, Alex, e di un altro operaio della fonderia, Aboyage Akwasi. Entrambi avrebbero mentito per favorire Giacomo.