Coldiretti in marcia a Mestre: “Lupi aumentati del 300% nel Vicentino: stop alla fauna selvatica”
“Stop alla fauna selvatica che distrugge il nostro lavoro e, con esso, l’intenzione di continuare a garantire ai consumatori produzioni di qualità da portare ogni giorno in tavola. Quelle stesse produzioni che rendono attrattivo il nostro territorio, rappresentando un indotto importante per il turismo e l’offerta enogastronomica. Non si tratta di uno slogan, ma dell’accorato ed esasperato appello che rivolgiamo alle istituzioni competenti, a partire dalla Regione Veneto, fino ad arrivare agli europarlamentari, affinché inizino a dimostrare la vera intenzione di fare qualcosa contro questo flagello”.
Così il presidente di Coldiretti Vicenza, Pietro Guderzo, denuncia la pesante situazione che sta coinvolgendo da anni il territorio berico, in occasione della manifestazione per dire stop alla fauna selvatica, promossa oggi da Coldiretti Veneto a Mestre, con un presidio di fronte agli uffici regionali di Via Torino, ed una nutrita rappresentanza di agricoltori ed allevatori vicentini.
I numeri. Che Vicenza indossi da anni e tristemente la maglia nera lo dimostrano i dati della Regione Veneto. Nel solo 2019 il totale di capi morti e feriti dal lupo ammonta a 266 unità, un numero che fa della provincia berica la prima in classifica, seguita dalla provincia di Belluno con 107 unità e con un totale regionale di 480 capi. “E la situazione – prosegue il presidente Guderzo – negli anni non è migliorata. Sono seguite molte enunciazioni da parte del mondo politico, ma con i fatti siamo rimasti a zero. Gli allevatori continuano a fare sacrifici per garantire la qualità del latte e delle produzioni, sostenendo maggior costi e sopportando un carico di stress, oltre al rischio d’impresa supplettivo determinato dal pericolo rappresentato da lupo, che non può essere compreso e, soprattutto, tollerato oltre”.
Il bilancio, infatti, si è decisamente appesantito negli anni, con numeri che nel 2020 e 2021, a livello regionale, tra capi morti, feriti e dispersi si attesta a poco meno di mille animali l’anno, mentre nel 2022 è stato di oltre 800 unità tra bovini ed ovicaprini. Dati, questi, ancor più preoccupanti, se pensiamo che ad Agrimont 2024, Fiera nazionale dell’agricoltura e zootecnia di montagna, la Regione Veneto ha lanciato un allarme da non sottovalutare, affermando testualmente che “il Veneto è densamente popolato dai lupi, che sono diffusi in oltre il 20% del territorio regionale, con 15 branchi”.
Luoghi ed orari delle predazioni. Le predazioni fino a 3-4 anni fa erano relegate ai territori d’alpeggio, quindi alle zone meno abitate ed avvenivano soltanto la notte, mentre negli ultimi due anni questa tendenza è decisamente mutata ed il lupo si è spinto fino alle aree urbane, in alcuni episodi attaccando persino animali da compagnia stipati nei giardini delle abitazioni. “Siamo ben lontani, oggi – evidenzia il presidente Guderzo – dai dati regionali, che indicavano come fascia oraria dell’attacco, prevalentemente, quella notturna, con la quasi totalità (90%) delle predazioni durante la notte o nelle prime ore del mattino, mentre solo nel 12% dei casi avvenivano in orario diurno o serale. Un dato, questo, che allarma e fa comprendere quanto sia urgente correre ai ripari con un’azione di tutela della sicurezza nel territorio, oltre che un’azione volta a salvaguardare gli altri animali, che non si capisce perché vengano considerati di diversa dignità e, tra l’altro, non siano difesi neppure da chi si dice animalista e che, probabilmente, non ha mai visto una vacca o un agnello dilaniati da un lupo o, ancor peggio, da un orso”.
La fauna selvatica non è solo il lupo. Fino a qualche anno fa, sotolinea Coldiretti in una nota, la minaccia era rappresentata da pochi esemplari di orso e dalle nutrie, capaci di devastare chilometri di argini dei corsi d’acqua, riducendoli ad un colabrodo. Oggi la situazione si fa decisamente più complessa. L’orso sembra oggi essere limitato a pochi esemplari, ma in compenso si fanno i conti con un’ampia gamma di selvatici, dalle nutrie ai cinghiali, senza dimenticare i canidi selvatici.
“Esaminando a mente fredda la situazione che ci troviamo ad affrontare vien da chiedersi quando qualcuno penserà a tutelare il territorio e la specie umana. Non credo di esagerare – sottolinea il presidente Guderzo – ma abbiamo visto tutti che i cinghiali sono arrivati nei centri storici e, persino, hanno tentato di unirsi a cena al tavolo di qualche turista, hanno ridotto in crisi il settore suinicolo, distintivo di una produzione di prosciutti (ma non solo), anche veneta, d’eccellenza e continuano a devastare i nostri terreni coltivati, distruggendo le colture in campo e richiedendo interventi di sistemazione dei terreni onerosi. E che dire, poi, delle nutrie: un animale per niente autoctono che oggi ha preso il sopravvento, con una diffusione incontrollata. E gli effetti si vedono: chilometri e chilometri dei nostri argini sono ridotti ad un colabrodo, con conseguenze pesanti in caso di abbondanti precipitazioni, oltre ad un aumento dei costi, a carico della collettività, per la manutenzione straordinaria, preziosa quanto indispensabile”.
L’appello ai territori ed alle istituzioni. “Siamo esasperati, ma non intendiamo mollare. Questo lavoro è la nostra vita e siamo fermi nel ritenere che dobbiamo difendere il nostro territorio e le produzioni che sono il frutto del nostro quotidiano impegno. Chiediamo, però, alle istituzioni di manifestare un concreto e reale interesse per quanto denunciamo – conclude il presidente Guderzo – perché è indispensabile un cambio di passo, per consentire alle imprese di lavorare e per rendere effettiva la sicurezza dei territori. Vogliamo che le nostre aziende vivano e crescano, perché questo significa dare un futuro all’economia ed ai territori. Per farlo, naturalmente, abbiamo bisogno anche dei sindaci. Così chiedo ai nostri Primi cittadini di farsi parte attiva, ancor più convintamente di quanto non facciano da sempre, nel sostenere le nostre battaglie, che sono iniziative di civiltà a favore della comunità in cui ciascuno di noi vive e lavora”.