Open Arms, inizia a Palermo il processo a Matteo Salvini. Il leader della Lega: “Rifarei tutto”
“Rifarei tutto“, sono le parole che il vicepremier Matteo Salvini affida ai social nel giorno in cui è iniziata nell’aula bunker del carcere di Pagliarelli, a Palermo, l’udienza del processo Open Arms che lo vede imputato per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per aver ritardato lo sbarco di 147 migranti a bordo della nave della ong nell’agosto del 2019, quando era ministro dell’Interno. Chiusa l’istruttoria dibattimentale dal presidente della II sezione penale, Roberto Murgia, oggi l’intera udienza è dedicata alla requisitoria dei pm, la procuratrice aggiunta Marzia Sabella e i sostituti Giorgia Righi e Calogero Ferrara.
L’accusa sta ricostruendo il quadro giuridico nazionale e sovranazionale di quella fase, poi si addentrerà sugli aspetti della specifica vicenda e quindi formulerà alla Corte la richiesta della pena per i reati contestati. Matteo Salvini, leader della Lega e attuale ministro delle Infrastrutture, rappresentato dall’avvocato Giulia Buongiorno, non è presente in aula.
Sui social scrive: “Oggi a Palermo la pubblica accusa farà le sue richieste al processo che mi vede imputato per sequestro di persona. Rischio fino a quindici anni di carcere per aver mantenuto la parola data agli elettori. Rifarei tutto: la difesa dei confini dai clandestini non è reato. Avanti tutta, senza paura”. “In questo procedimento si è prospettato che un natante di legno, in alto mare, navigasse in sicurezza, come se il capriccio di un’onda non avesse potuta farla ribaltare”, ha detto il Procuratore aggiunto di Palermo, Marzia Sabella, nel corso della requisitoria del processo. “Il Governo Conte 1, come è emerso in questo processo, con il suo contratto di governo prevedeva di sensibilizzare l’Europa per ottenere una equa distribuzione dei migranti. L’allora ministro dell’Interno ha ritenuto di potere squilibrare l’unità di misura dei beni giuridici in questione, in favore dei porti chiusi, quale strumento di pressione degli Stati membri”, ha aggiunto Sabella.
Secondo i pm, “quando Salvini diventa ministro dell’Interno le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos vengono spostate dal Dipartimento libertà civili e immigrazione all’ufficio di gabinetto del ministro e in particolare è il ministro a decidere. Questo è l’elemento chiave”. “Tutti i funzionari, tutti i ministri, tutti i testimoni che abbiamo sentito in questo processo hanno detto di non sapere se a bordo della Open Arms ci fossero stati terroristi, armi, materiale propagandistico. Anche i riferimenti ai tentativi di ridistribuzione dei migranti prima del rilascio del pos non può funzionare: non ci può essere subordinazione del rispetto diritti umani e alla ridistribuzione dei migranti. Prima si fanno scendere i migranti e poi si ridistribuiscono: altrimenti si rischia di fare politica su gente che sta soffrendo”.
“È solo la terraferma a essere un pos, cioè il place of safety, in altre parole il posto più sicuro. E questo lo ha ribadito anche la Corte di Cassazione”, ha detto il pm Calogero Ferrara nella requisitoria. Salvini per limitare lo sbarco decide che qualunque nave che opera salvataggi in mare commette il cosiddetto ‘passaggio non inoffensivo‘ perché pregiudizievole della sicurezza dello Stato. Ma occorrono degli elementi concreti per attuare questa norma. Ma nessuno dei testi che hanno deposto in questo processo hanno confermato il dato. Siamo in presenza di persone in difficoltà in mare, uomini, donne e minori, che soffrono a cui sono stati negati i loro diritti fondamentali“, ha detto il pm Ferrara.
Secondo l’avvocato di Salvini, Giulia Bongiorno, “Con questa introduzione, è di intuitiva evidenza, il pubblico ministero sta procedendo con una requisitoria contro il decreto sicurezza bis che è un atto del governo e contro la linea politica prima redistribuire e poi sbarcare. È una requisitoria un po’ contraddittoria perché la premessa è: non stiamo processando il governo, però il decreto sicurezza bis è in contraddizione con la Costituzione, non è accettabile redistribuire e poi sbarcare e il tavolo tecnico che ribaltava principi fondamentali. Sta parlando di linea di governo, di leggi e lui le contesta – conclude – Non ce una condotta Salvini sul banco degli imputati ma una linea politica sul banco degli imputati”. A Palermo c’è invece il fondatore della ong spagnola Open Arms, Oscar Camps, secondo il quale questo “È un giorno importante per la giustizia italiana, la vicenda Open Arms è un caso unico. Dopo cinque anni siamo alla fase iniziale”.