Neonato viene al mondo “con la camicia” al San Bassiano. Un caso raro, uno su 80 mila
Si era evidentemente affezionato così tanto al sacco amniotico al punto di non volersene disfare nemmeno al momento della venuta alla luce. E ha fatto già parlare di sé, allora, il bebè Alexander, partorito da neomamma Nutchana per la gioia di papà Gianni, che dopo il primo piantino ha dovuto suo malgrado abbandonare la “camicia” che lo ha protetto non solo nei 9 mesi di gestazione, ma anche quando ha bussato alle porte del mondo. E al San Bassiano di Bassano di Grappa è stato subito un rincorrersi di sorrisi e battute, ricordando come il detto “nascere con la camicia” rappresenti nell’immaginario collettivo un benvenuto alla vita speciale e beneaugurante.,
Uno caso – quindi raro – su 80 mila, secondo le statistiche nazionali. Questo il numero dei neonati che vedono la luce dall’interno della placenta e avvolti nel liquido amniotico. Un evento che, nei secoli scorsi, quando rappresentava un fatto inspiegabile, si reputava alla stregua di un qualcosa di magico o indicava il nascituro come un “predestinato”. Per cosa, poi, non si è mai saputo.
Nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale bassanese si è voluto allora celebrare quello che è stato in un colpo solo un lieto evento e pure un evento speciale. Con i dirigenti dell’Ulss 7 Pedemontana a voler condividere con la stampa locale e con la comunità una notizia di certo fuori dell’ordinario, per quando non inedita in assoluto. Ritornando al parto, la presenza della sacca integra di per sé non ha comportato complicazioni nella procedura: bimbo e mamma stanno bene. Anzi, col senno di poi, per Alexander è stato un passaggio per così dire “agevolato”, custodito nel suo guscio speciale che filtrava le prime luci della sala parto.
A spiegare meglio nei dettagli è il direttore del reparto del San Bassiano, il dottor Roberto Rulli. Dopo la sorpresa iniziale, visto che qualcosa del genere può capitare sì e no una volta nella vita ai medici e infermieri presenti nei parti, tutto è andato secondo “i piani”. “Generalmente quando il bambino comincia a scendere – dice – le membrane tengono a rompersi spontaneamente, è la cosiddetta “rottura delle acque”, ma a volte questo non accade per una loro particolare elasticità. Non è qualcosa di cui abbiamo avvisaglie, dunque quando accade è una grande sorpresa anche per noi in sala parto. Dal punto di vista medico non rappresenta un rischio o una complicazione, perché il bambino è ancora attaccato al cordone ombelicale, da cui trae anche l’ossigeno, dunque prima si rompe la membrana e quindi si taglia il cordone. Sicuramente peril bambino è un passaggio meno traumatico, perché inizia a vedere la luce quando è ancora immerso nel liquido amniotico, che è alla temperatura del corpo. Per lui rappresenta una sorta di fase intermedia”.