Spv, la Regione invia diffida a Sis per le infiltrazioni in galleria. E “recupera” 44 milioni
Sono due le novità che nelle ultime ore “filtrano”, al paro dell’acqua in galleria di Malo ad ogni ondata di maltempo, nelle questioni (tra le più spinose) ancora in sospeso legate alla costruzione della Superstrada Pedemontana Veneta. Buone notizie sul piano economico ieri per le casse della Regione Veneto, al pronunciamento del Collegio Consultivo Tecnico che fissa in 154 milioni il corrispettivo da pagare alla società costruttrice Sis per il canone per l’anno 2024. Un ammontare su cui erano sorte “difformità di pareri“, utilizzando una formula “conciliante” e politicamente corretta da parte degli amministratori veneti.
Una cifra “gigante”, ma determinata in una misura di 44 milioni in meno rispetto a quanto la stessa concessionaria pretendeva, vale a dire 198 milioni. Un contenzioso risolto in via non giudiziaria attraverso un collegio composto da tecnici riconosciuti da entrambe le parti (non) in causa, chiamato ad esprimersi sulle condizioni contrattuali da interpretare dopo le tempistiche di consegna mutate rispetto ai piani iniziali. Questioni basate sui parametri di calcolo, che alla fine hanno dato ragione all’ente territoriale. Seconda notizia ad emergere: l’invito perentorio a Sis di provvedere a risolvere in via definitiva il problema delle recenti infiltrazioni insorte nel tunnel, e non solo con soluzioni-tampone.
Sul primo punto, a spiegare nei dettagli la determinazione presa è una nota stampa della Regione Veneto. “E’ stata confermata la correttezza della nostra tesi – così si legge nel testo diffuso dalla vicepresidente veneto Agata De Berti – riguardo il valore del canone di disponibilità da riconoscere dalla Regione al concessionario per il 2024, da aggiornarsi per gli anni successivi per l’intera durata del contratto. In base a tale atto, la Regione deve versare alla società Spv un canone a partire dalla data di entrata in esercizio – ndr, l’anno in corso, il 2024 – rivalutato secondo una formula che tiene conto, per l’intera durata della concessione, pari a 39 anni, del tasso di inflazione e dei flussi di traffico. La determinazione va a confermare che la posizione assunta dalla Regione negli ultimi 4 anni è stata corretta e coerente a quanto previsto, pertanto maggiori richieste del concessionario vanno respinte. Questo consente di liberare risorse che prudentemente si erano accantonate quest’anno, nel momento in cui si era manifestata difformità di pareri. Si tratta di circa 44 milioni di euro, dal momento che secondo la tesi sostenuta dalla Regione, il canone viene calcolato a partire dal 2024 ed è quindi pari a circa 154 milioni di euro contro i circa 198 milioni di euro, calcolati a partire dal 2020, secondo il concessionario”.
Per tradurla in termini più alla portata di non addetti ai lavori, il 2024 è da considerarsi una sorta di anno zero – anzi, il primo – e quindi è su questi che vanno tarati i calcoli. I quattro anni di ritardo, al di là delle motivazioni, sono da considerarsi tra i rischi in capo all’impresa costruttrice. Il Collegio Consultivo Tecnico (Cct), va ricordato, è costituito 5 componenti come prevede il nuovo Codice dei Contratti. In questo contenzioso due sono stati nominati dalla Regione Veneto e due dalla SPV Spa, concessionaria della Superstrada Pedemontana Veneta, oltre che da un Presidente individuato di concerto tra i 4 rappresentanti. “Secondo quanto deliberato – ha spiegato De Berti –, si può parlare di canone di disponibilità solo ad avvenuta messa a disposizione di tutta l’infrastruttura, ovvero dal 1 marzo 2024, e non da fine 2020, come inizialmente previsto. Pertanto il conteggio per la sua rivalutazione deve partire dall’effettiva entrata in esercizio dell’opera. Diversamente, il rischio di costruzione, in capo al concessionario unitamente al rischio di disponibilità, sarebbe traslato in capo alla Regione”.
Infine, la stessa De Berti, che riveste il ruolo di Assessore regionale alle Infrastrutture in questo mandato, in un’intervista a una testata locale ha confermato di aver dato mandato di inviare un atto di diffida a Sis: le infiltrazioni d’acqua in galleria avrebbero ora le “gocce” contate. Entro 120 giorni il difetto di costruzione secondo la valutazione della Regione va risolto alla radice, mentre le canaline di raccolta che saranno installate costituiscono una “toppa” non risolutiva. All’orizzonte, in questo caso, una variabile di “difformità di pareri” che potrebbe tradursi in discussioni dai toni più alti e non limitarsi, per una soluzione al caso, a un collegio interpretativo.