L’Aia emette mandato di arresto per Netanyahu e Gallant
La Camera preliminare I della Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il premier israeliano Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Gallant per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi almeno dall’8 ottobre 2023 fino almeno al 20 maggio di quest’anno.
I Paesi Bassi – fa sapere il ministro degli Esteri olandese – eseguiranno dunque il mandato d’arresto della Corte penale internazionale contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e anche nei confronti del leader di Hamas Deif (che Israele ritiene però di aver ucciso). Immediata la replica dell’ufficio del primo ministro Netanyahu: “La decisione antisemita della Corte penale internazionale equivale al moderno processo Dreyfus, e finirà così. Israele respinge con disgusto le azioni e le accuse assurde e false contro di lui da parte della Cpi, che è un organismo politico parziale e discriminatorio”.
Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale statunitense tuona: “Gli Stati Uniti rifiutano categoricamente la decisione della Corte penale internazionale di emettere mandati di arresto per alti funzionari israeliani. Rimaniamo profondamente preoccupati dall’impazienza del procuratore nel richiedere i mandati d’arresto e dai preoccupanti errori nel processo che ha portato a questa decisione”, ha aggiunto, sottolineando che, per gli Stati uniti, la CPI non ha alcuna giurisdizione legale in questa materia”.
Di diverso parere è invece l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Borrell secondo il quale i mandati d’arresto emessi dalla Corte penale internazionale sono “vincolanti” e pertanto tutti i membri della Ue devono garantirne l’applicazione. “Non è una decisione politica, è una decisione di un tribunale di giustizia internazionale e le decisioni dei tribunali devono essere sempre rispettate e applicate”, ha aggiunto Borrell spiegando che “prende atto” dell’ordine del Cpi. Borrell ha poi insistito sul fatto che la “tragedia a Gaza deve concludersi” e la comunità internazionale deve fare un passo avanti per affrontare la situazione “apocalittica” nella Striscia.