70 anni di cuore, Soccorso Alpino in festa: “Ci basta solo un grazie”
Si celebrerà questa sera dalle 20.30 nei locali del teatro “Don Bosco” di Arsiero, il 70esimo compleanno della locale stazione del Soccorso Alpino del paese ai piedi del Caviojo. Un legame stretto quello con la montagna per oltre una trentina di operatori, presenze silenti ma fondamentali per un territorio abbracciato da un ampio corollario di cime, oltre che a forte vocazione turistica.
Tra le prime, nel 1954, a vedere la luce in un’Italia alla ricerca di riprodurre quello spirito di solidarietà montana declinandolo alle necessità di un territorio molto complesso, la stazione di Arsiero in realtà già viveva grazie al contributo di un nucleo di volenterosi soccorritori, coprendo un ampissimo territorio, dalle vallate del Posina e dell’Astico, sino ai monti di Lugo e Calvene. Poi, nel 1968 l’acquisizione dal comune dei ruderi di rifugio Campomolon quale ricovero e appoggio per le escursioni più in quota giungendo al 1972, con la stazione ad assumere l’odierna connotazione: “Impossibile non citare Siro Offelli, storico capostazione per 36 anni sino al 2016 – spiega Giovanni Busato, altro veterano e vicepresidente della struttura regionale del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico – che traghettò la stazione da un tipo di soccorso spesso più caratterizzato dalla buona volontà che da specifiche competenze, all’attuale Soccorso Alpino che, pur conservando le caratteristiche tipiche del volontario, ha raggiunto livelli di competenza e preparazione del tutto professionali”.
Una lunga storia fatta di tanto addestramento, con una formazione tecnica e sanitaria continua – si stima che per ogni intervento effettuato, ogni soccorritore partecipi a circa 17 ore di formazione – e tanto amore per quella divisa indossata con discrezione, senza mai dare nulla per scontato. Nemmeno la conoscenza di un territorio battuto palmo a palmo in più occasioni eppure ancora capace di sorprendere. “Se dovessi dire il momento più bello della mia esperienza ad Arsiero – racconta l’attuale capostazione Luca Toldo – direi senz’altro nel settembre scorso quando abbiamo recuperato Cristian Fabrello, il ciclista di Cogollo. Inutile nasconderci dietro al fatto che dopo 36 ore di ricerche coordinate, la speranza andava affievolendosi: ma non abbiamo mollato e riportarlo dai suoi affetti è stata una grande emozione anche per tutti noi”. Volti di un soccorso dove inevitabilmente la tecnica lascia il posto all’umanità. E dove un “grazie” pronunciato con un filo di voce da chi, disperando temeva ormai il peggio, diventa la ricompensa più grande.