Convivere col diabete: la scalata di Martina Maddalena, gli autoritratti di Enrica Pontin

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Enrica Pontin, di Bassano del Grappa, è fotografa. Martina Maddalena, di Pastrengo nel Veronese ma vicentina di origine (è cresciuta a Sarcedo), esercita invece la professione di dottoressa veterinaria. Cosa accomuna queste due donne? All’apparenza, solo il legame con la provincia di Vicenza. Se non fosse che entrambe, in aggiunta, devono fare i conti con un invisibile quanto davvero scomodo “compagno di vita”: il diabete di tipo 1. Ma le similitudini non si esauriscono qui: entrambe, infatti, condividono una ferrea determinazione a non lasciarsi abbattere dalle difficoltà che la loro condizione inevitabilmente comporta.

“Ho scoperto questo nuovo compagno di avventure – racconta Enrica ai microfoni di Parlami di Te a Radio Eco Vicentino – quando avevo tra i 38 e i 39 anni. È successo per caso: ero in ospedale per un problema alla schiena e c’era un asterisco che non tornava, una problematica di glicemia. Per i primi dieci mesi è stato trattato come diabete di tipo 2. Dopo poco ci si è accorti che la situazione continuava a peggiorare e con altri accertamenti è emerso che si trattava di diabete di tipo 1. È stato un trauma. Sono uscita dall’ospedale con le mie quattro iniezioni al giorno da fare e uno stravolgimento completo della mia vita”.

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“Io l’ho scoperto all’età di 21 anni – spiega invece Martina -. Non stavo per niente bene, ero molto stanca. Davo la colpa allo stress derivante dagli studi universitari. Poi però ho fatto delle analisi e la diagnosi che ne è uscita era chiara. Per i miei genitiori è stato un duro colpo, uno stravolgimento per tutta la famiglia”.
Nessuna delle due si è lasciata però scoraggiare. Prosegue Enrica: “Il mio intento è promuovere un’iniziativa che consenta ad ognuno di diventare autore del proprio benessere. Con il progetto ‘#diabetebastardo‘, attraverso l’autoritratto fotografico ho lavorato ad una forma di consapevolezza, di ascolto, di capacità di osservazione di quello che ci succede giorno per giorno”.

“Contro il diabete infatti – continua Enrica – l’equilibrio al quale si giunge dopo mesi viene rotto da qualsiasi tipo di interferenza. Il punto è accogliere la fragilità, e i cambiamenti che essa comporta, soprattutto nei momenti in cui sembra di non riuscire più a farcela”.
Dal canto suo, la reazione di Martina si è concretizzata grazie alla passione per la montagna coltivata sin dall’infanzia: “Sono andata sul Kilimangiaro, in Tanzania con ‘Diabete e Alta Montagna‘, l’associazione che ha come scopo quello di avvicinare le persone diabetiche alla possibilità di scalare le vette e stare in alta quota in sicurezza”.
Un’impresa per la quale è stata necessaria un’adeguata preparazione: “Ho cercato di stare più tempo possibile in alta quota – spiega Martina -, visto che la routine quotidiana non me lo permette. La scalata del Kilimangiaro è stata ben ponderata. Ci sono stati dei giorni di acclimatamento, e poi ne abbiamo impiegati cinque per la salita”.

La reazione di Enrica invece, come si è visto, ha preso la forma di un progetto fotografico dal nome ‘#diabetebastardo’ (che è poi divenuto anche il titolo di un libro edito da Ronzani Editore). “È stata una forma di autoesplorazione – sottolinea Enrica -. La possibilità di fermarmi di fronte a qualcosa che aveva stravolto la mia vita. L’autoritratto mi ha consentito di riconoscere quella me che non vedevo. L’intero progetto è come una camera oscura interiore che dà la possibilità di sviluppare un vissuto, un negativo che coglie la realtà e diventa un’immagine positiva, visibile a noi e condivisibile con gli altri”.

“Ascoltarsi richiede molto tempo – afferma Martina -. Prima bisogna conoscere tutti gli aspetti della malattia. Per me ci sono voluti diversi anni. A 12 anni di distanza sono in equilibrio, che è un concetto fondamentale nella gestione del diabete”. “Questa patologia – conclude Enrica – mi ha fatto prendere in mano la mia vita, ricavarmi del tempo e dello spazio. Mia complice è stata la bicicletta: la stavo vendendo perché credevo che con il diabete non avrei più fatto nulla con lei. E invece usarla andava a rinforzare il mio messaggio, ossia vivere pienamente la vita nonostante tutto”.

Gabriele Silvestri