Spettacolando – “La signora delle camelie” incanta il ridotto del Comunale
Con “La signora delle camelie”, di Giovanni Ortoleva, martedì 3 dicembre si è aperta la stagione di Prosa del Teatro Comunale di Vicenza. Il testo, tra i più riproposti a teatro e al cinema, narra la storia di una mantenuta nella Parigi dell’ottocento che prova a districarsi tra necessità, tentazioni e sentimenti, senza voler rinunciare alla sua dignità.
Uno spettacolo brillante che conferma la coraggiosa scelta di una programmazione vicina a temi di impegno sociale, senza nascondersi dietro sfumature retoriche.
Il merito della riuscita va equamente condiviso con i magnifici Anna Manella, Alberto Marcello, Nika Perrone e Vito Vicino, che recitano con coraggio seguendo i tempi scanditi da Gabriele Benedetti, nel doppio ruolo di padre e narratore esterno.
L’impeto con cui gli attori si regalano al pubblico non cede mai alla tentazione di un atteggiamento ruffiano, trovandosi a danzare senza paura su un terreno più che mai scivoloso.
Giovanni Ortoleva (ricordiamoci questo nome) ha scelto di rischiare con il petto in fuori, ben consapevole del limite sottile che separa la realtà dalla finzione, lo spettacolo dall’impegno civile, l’etica dalla morale. Si può parlare d’amore quando la donna in questione è colei che cede le proprie attenzioni in cambio di denaro? Si può raccontare la passione senza pregiudizio, quando si vive in una società che ancora decide una morale differente a seconda del sesso chi le compie? Sì, si può.
La rilettura in chiave moderna del capolavoro romantico di Alexandre Dumas figlio, ruota naturalmente intorno alla figura di Marguerite Gauthier interpretata da Anna Manella, “costretta” a recitare in un palchetto dal quale non può mai uscire. Una scelta di scena avvincente ed efficace, nonché metafora perfetta della condizione della protagonista: guarda tutti dall’alto, sceglie chi può aver accesso al suo prezioso spazio rimanendo al tempo stesso schiava della sua esclusività.
Una rivisitazione moderna delle musiche classiche, infine, regala un’atmosfera pop senza tradire lo spirito dell’ambientazione ma riproponendoci senza tregua la solita domanda: siamo davvero ancora tutti Armand Duval? Noi, i nostri figli, i nostri fratelli, i nostri amici?
A chiusura della serata, dopo interminabili e meritatissimi applausi, un preciso e attento Marco Ghiotto conduce un confronto coi protagonisti, regalando al pubblico la possibilità di umanizzare uno spettacolo la cui forza rischiava di travolgerci in un turbinio di emozioni non semplici da governare.
Paolo Tedeschi