Cineforum Verdi di Breganze: da cinquant’anni un rito collettivo fra cultura e resistenza civile
Felicità, rabbia, paura, tristezza. E chi più ne ha più ne metta. Il cinema, come “narratore” di storie, è un potente detonatore di emozioni. Forse è proprio per tale motivo che la passione per la “settima arte” arriva ad accomunare ancora milioni di culturi in tutto il mondo. Il Vicentino non fa eccezione e tra le tante realtà che contribuiscono ad alimentare in loco la cinefilia c’è sicuramente il Cineforum G. Verdi di Breganze. Un’esperienza che, nel 2024, ha tagliato il traguardo dei cinquant’anni. Giovanni Stefano Messuri, il presidente, ha raccontato questa esperienza ai microfoni della rubrica Parlami di Te di Radio Eco Vicentino, chiaccherando con la direttrice Mariagrazia Bonollo.
“Il nostro Cineforum – esordisce Messuri -, nato nei primi anni Settanta, è passato attraverso mille trasformazioni. Il cinema stesso ha dovuto affrontare la concorrenza della tv e delle piattaforme. La nostra funzione è quella di dare un punto di riferimento culturale al pubblico, tramite un progetto che non rappresenti soltanto un modo per vedere film a basso prezzo. La nostra idea è che un’opera d’arte cinematrografica va vista in sala. Vederla in tv o attraverso i vari device è come guardare un quadro in una rivista”.
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“Il cinema è un rito collettivo – prosegue -. Si entra in sala, si guarda il film e poi uscendo ci si confronta con le altre persone. C’è anche da dire, poi, che il cinema è più immersivo di altre esperienze culturali. Le nostre proiezioni si svolgono per tutta la settimana dal martedì al sabato, con due proiezioni al giovedì”. Una formula che riscuote grande successo di pubblico se, come spiega Stefano, l’esperienza breganzese “contacirca duemila soci. Prima della nefasta pausa dovuta al Covid erano oltre 2.500. Poco per volta, però, stiamo recuperando quei numeri”.
“Dobbiamo essere grati al nostro pubblico – aggiunge il presidente del Cineforum -, che ci segue fedelmente e ci dà fiducia. Perché i nostri non sono numeri comuni. Lo misuriamo nel momento in cui gli ospiti che vengono da fuori si stupiscono di vedere la sala gremita. Per questo motivo, negli anni 2018, 2019 e 2020 abbiamo ottenuto il Biglietto d’Oro per le monosale nei Comuni sotto i 50mila abitanti. È un riconoscimento importante, che attesta e dimostra un grande seguito da parte del pubblico”.
Il successo del progetto, sottolinea Messuri, è merito anche di chi vi collabora: “La macchina del Cineforum sta in piedi grazie ai volontari, che sono circa un centinaio. Diversamente non potremmo farcela, questo va detto con chiarezza”.
Ma in cosa consiste, effettivamente, il Cineforum Verdi? “La stagione della rassegna comprende circa 25 titoli, alternando pellicole di richiamo con altre più particolari. Il nostro obiettivo è dare visibilità a quel cinema che normalmente non ha grande visibilità presso il pubblico”.
Nell’ambito del Cineforum, poi, un’esperienza degna di nota è il Breganze Film Festival (Breff), con la presenza in sala di attori e registi: “Battezzato nel 2016, ha due obiettivi principali: promuovere il cinema d’autore italiano e mettere in contatto il pubblico con i suoi protagonisti. È un festival vero e proprio, che prevede la proiezione di un film al mese, di domenica. Ci sono sei pellicole in gara, più una settima ‘fuori concorso’, e durante l’ultima serata viene premiato il film che ha ottenuto più consensi da parte del pubblico”.
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Un’esperienza, quella del Breff, di cui possono godere anche gli studenti delle scuole superiori dell’Alto Vicentino. Spiega Stefano: “Le proiezioni e gli incontri con gli ospiti vengono replicate la mattina successiva alla proiezione domenicale. Gli studenti hanno così la possibilità di interagire con gli ospiti, e devo dire che hanno sempre dimostrato un grande entusiasmo”. Questa attenzione per i giovani è ben motivata: “È una delle strade che stiamo percorrendo per avere spettatori in futuro. Crediamo che sia un valore far conoscere alle giovani generazioni la magia del cinema, che è un’arte magnifica e un’attività culturale straordinaria. E io credo che, in questo momento particolare, fare cultura sia un atto di resistenza civile”.
Gabriele Silvestri