40 anni dalla nevicata del secolo: nella pianura vicentina oltre 1 metro di neve
Chi la ricorda con nostalgia e chi ancora rabbrividisce al solo pensiero. La nevicata che nel 1985 ricoprì la nostra penisola con effetti record anche sul vicentino, rimane ancora oggi un evento senza eguali sia per quantità che per durata. Con temperature a dir poco polari: Vicenza stessa arrivò, nella mattinata dell’11 gennaio, a sfiorare i -20° sotto zero con inevitabili danni a impianti e automezzi.
Ma cosa accadde? L’anno 1985 era già iniziato con temperature particolarmente rigide è già il 9 gran parte del vicentino, soprattutto la pianura, fu protagonista di una prima seppur debole imbiancata. Di lì l’ulteriore crollo termico, con massime che rimanevano negative anche di giorno e che tali rimasero mediamente per quasi due settimane in buona parte del territorio provinciale: nel tardo pomeriggio di domenica 13 i primi fiocchi, proseguiti anche per tutto il lunedì, prima di una pausa in serata che consentì di stimare al suolo già quasi mezzo metro nel solo capoluogo. Un lunedì nero con pesanti ripercussioni al traffico di rientro dopo lavoro e centinaia di veicoli in panne: ore interminabili invece per chi, con pazienza, riuscì a rincasare solo a tarda ora, qualcuno a piedi dopo aver abbandonato l’auto nel tragitto. Martedì la ripresa delle precipitazioni mentre già, in un clima surreale e ovattato, scuole e molte attività risultavano chiuse: le neve scese copiosa fino al mercoledì, prima di lasciare spazio alla pioggia, ma solo nella pianura meridionale e nel bassanese dove l’acqua sopra al pesante strato bianco accumulato, aggravò i danni a molte infrastrutture oltre che alla rete stradale completamente allagata.
Nella pedemontana e sui colli Berici la dama bianca non si arrese e, benché più umida per il giungere di venti sciroccali, lasciò al suolo 115 centimetri a Lugo di Vicenza e oltre 1 metro e 25 centimetri nella Valle dell’Astico: chiuso ber una decina giorni il Costo, la principale via verso l’Altopiano, per l’incombente pericolo di slavine. Nel thienese e nello scledense, comunque ammantati da una coltre oltre i 90 centimetri, furono molti i crolli registrati soprattutto a capannoni e fabbricati agricoli. Solo il 17, nella notte, i fiocchi si tramutarono definitivamente in acqua, prima del sorgere del giorno con l’inevitabile conta dei danni. E se, come in tutti gli eventi meteorologici estremi c’è un lato che riporta a conseguenze spesso tragiche, in quella nevicata eccezionale anche oggi motivo di aneddoti e ricordi, permane un’aurea di fascino e quasi di magia: dalle strade cittadine trasformate in vere e proprie piste da sci, alle “spalate” di gruppo con intere contrade ad aiutarsi solidali a sgombrare la neve creando dei piccoli passaggi in mezzo a muri bianchi alti metri. Fra i rumori smorzati di un mondo, per una volta costretto a fermarsi davanti alla natura.
Foto copertina dal blog lestoriedimonteviale