Mostro di Firenze, familiari delle vittime furiosi: “Accesso agli atti negato ma concesso a serie tv”
Le indagini sul Mostro di Firenze, il serial killer che insanguinò il capoluogo toscano tra il 1968 e il 1985, continuano a essere avvolte nel mistero. E l’ultima notizia sul massacratore di 8 coppie di innamorati, è il malcontento delle famiglie delle vittime e dei loro consulenti legali. Paolo Cochi, documentarista, scrittore, consulente di parte e portavoce di un parente delle vittime, ha, infatti, denunciato la disparità di trattamento dicendo: “La Procura nega l’accesso agli atti ai familiari e nel contempo consente a una produzione cinematografica di fotocopiare gli stessi per farci un film o una serie TV”. Un paradosso che, stando allo stesso Cochi, mina il diritto dei parenti a conoscere la verità sui delitti che hanno fatto la storia nera d’Italia.
Gli avvocati di parte sono critici. Sulla questione della serie TV in produzione (diretta da Stefano Sollima e in onda in autunno su Netflix), si sono registrati poi duri commenti anche da parte dei legali delle famiglie delle vittime. L’avvocato Pellegrini, legale di Winnie Rontini, madre di Pia uccisa dal Mostro nel 1984, è stato categorico: “La serie tv è inutile e di cattivo gusto”. Più soft, invece, l’avvocato Colao, che rappresenta la famiglia Mainardi, vittima del 1982: “Se rispetta la verità… può anche andare bene”. Però, non ha risparmiato critiche alla richiesta di revisione del caso avanzata da alcuni legali: “Secondo me è una sorta di mania di protagonismo da parte dei due avvocati Mazzeo e Biscotti occorre dare valore alle cose serie”.
Le dure dichiarazioni dei parenti delle vittime. Tiziana Bonini, cugina della vittima del 1974, ha definito “scandaloso” il trattamento riservato ai familiari e ha aggiunto: “Le indagini sono state chiuse… serve soltanto per lucrare sulla storia di questi ragazzi… è inaccettabile che non forniscano i documenti agli avvocati di parte mentre permettono alle produzioni televisive di accedervi”. Sul fronte investigativo, inoltre, Paolo Cochi, ha sottolineato come siano state presentate nuove memorie contenenti elementi ancora da chiarire e che la richiesta di riapertura delle indagini si basi su motivazioni aggiuntive.
La sottolineatura del documentarista e scrittore. Paolo Cochi ha precisato: “Sembrerebbe che siano aperti due procedimenti, di cui non si conosce il contenuto. Io spero vivamente che stavolta facciano un minimo di accertamento dopo tutta quella serie di indizi proposti”. Poi ha ribadito che il diritto dei familiari di accedere agli atti viene costantemente ignorato dalla Procura: “Se continueranno a calpestarlo, andremo avanti con tutti gli strumenti che la legge ci mette a disposizione. Sono anni che tentiamo di ottenere documenti fondamentali per il caso. Non si può accettare questo atteggiamento. Lo Stato deve garantire la legalità per qualsiasi cittadino”.
La frustrazione per l’impossibilità di accedere agli archivi è palpabile. In chiusura Cochi non ha risparmiato critiche agli avvocati che, secondo lui, non hanno saputo far valere il diritto costituzionalmente garantito all’accesso agli atti. Un caso ancora aperto, dunque, non solo sul fronte giudiziario, ma anche su quello dell’opinione pubblica, con le famiglie delle vittime che continuano a chiedere trasparenza e rispetto per una vicenda che non ha ancora trovato piena giustizia. Al prossimo capitolo.