Bufera Cpi, 79 Paesi firmano contro le sanzioni di Trump. L’Italia si sfila
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Proprio in questi giorni, l’Italia è andata allo scontro frontale con i giudici dell’Aja per la vicenda del mancato arresto del torturatore libico Osama Almasri, che ha provocato l’apertura di un’inchiesta da parte della procura di Roma con la conseguente iscrizione nel registro degli indagati di Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, Carlo Nordio e del sottosegretario Alfredo Mantovano.
L’iniziativa è stata avviata da un gruppo di 5 Paesi: Slovenia, Lussemburgo, Messico, Sierra Leone e Vanuatu. Nella lettera, sottoscritta anche dalla Gran Bretagna, si spiega che le sanzioni “comprometterebbero gravemente tutte le situazioni attualmente sotto inchiesta”, poiché la Corte “potrebbe dover chiudere i suoi uffici sul campo”, oltre ad “aumentare il rischio di impunità per i crimini più gravi e minacciare di erodere lo stato di diritto internazionale”.
In giornata era montata la bufera attorno alla decisione Usa. La presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, su X ha scritto: “La Cpi garantisce la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter perseguire liberamente la lotta contro l’impunità globale”. Profondo rammarico è stato espresso anche dall’Onu che ha chiesto agli Stati Uniti di revocare le sanzioni alla Corte. “Un danno alla nostra indipendenza”, così aveva commentato in mattinata la Cpi.
Tra i pochi ad applaudire all’ordine esecutivo di Trump c’è il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che su X ha ringraziato il presidente americano per la «coraggiosa» decisione. A fargli eco era stato il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, che su X ha scritto: “È tempo che l’Ungheria riveda cosa stiamo facendo in un’organizzazione internazionale che è sottoposta a sanzioni statunitensi”.