Caso Riace, la Cassazione conferma la condanna a Mimmo Lucano per falso: 18 mesi con pena sospesa

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La Cassazione mette la parola fine al calvario giudiziario di Mimmo Lucano. Diventa definitiva la condanna del parlamentare europeo di Avs e sindaco di Riace a 18 mesi di reclusione per gli illeciti nella gestione dell’accoglienza dei migranti nella città di cui è Primo Cittadino. Molti meno rispetto ai 13 anni e 2 mesi che Lucano aveva rimediato in primo grado davanti al Tribunale di Locri. In primo grado i giudici lo avevano ritenuto il promotore di un’associazione a delinquere. La pena è stata sospesa: è stato trovato un documento falso nelle 57 delibere che gli sono state addebitate dall’accusa. Lo ha deciso la Cassazione che ha rigettato il ricorso dei suoi legali.

La Suprema Corte ha messo la parola fine al processo “Xenia” rigettando il ricorso presentato dai legali di Lucano, gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, in merito alla condanna per l’unico falso. Per quanto riguarda il ricorso della Procura generale di Reggio Calabria, invece, la Cassazione lo ha dichiarato in parte inammissibile, in relazione ad alcuni reati di truffa in danno dello Stato, e lo ha rigettato nei passaggi in cui contestava l’assoluzione in appello per tutte le altre truffe e i falsi.

“Io non avevo fatto nulla dei reati che mi contestavano” è il commento a caldo di Mimmo Lucano che parla di “un teorema studiato ed elaborato proprio per ostacolare una storia di accoglienza che è stata unica nel mondo”. “Oggi – aggiunge il sindaco di Riace – sono felice per questa sentenza. Lo sono per me, per la mia famiglia e per tutte le persone che mi sono state vicine in Italia e in Europa. Sono abituato a non avere rancori. Ma era evidente che era una macchinazione, perché avevamo fatto delle cose che interferivano con questioni che erano al di là di Riace. Penso alla coincidenza temporale degli accordi tra l’Italia e la Libia che ritengo siano strettamente collegati con quello che ha subito Riace”.