8 marzo tutto l’anno, i sindacati fanno il punto: “Persiste ancora un gap da colmare”


“La giornata internazionale delle donne è certamente una occasione per fare il punto della situazione”: lo sottolineano con forza anche le sigle sindacali, Cgil, Cisl e Uil della provincia di Vicenza impegnate, assieme alle parti sociali, a mettere in campo tutta una serie di iniziative per giungere alla parità di genere.
Nei dati forniti dai principali Istituti territoriali, emerge che nella nostra provincia il tasso di occupazione femminile (15-64 anni) nel 2023 era del 62,3% sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente 61,3% e ancora di molto inferiore rispetto all’occupazione maschile che è al 77,3% (75,5% nel 2022). Il tasso di disoccupazione femminile (sempre 15-64 anni), inferiore a quello nazionale 8,9%, vede invece le donne vicentine al 4,6% mentre la disoccupazione maschile al 2,8%.
Le donne occupate a Vicenza erano nel 2023 mediamente 188.281, ovvero il 43,65% dell’occupazione totale mentre gli uomini occupati sono stati 243.067. Una distribuzione che è rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi dieci anni (era al 42,81% nel 2014).
Ma al di là degli indicatori quantitativi, sul piano qualitativo come si presenza l’occupazione femminile nel nostro territorio? Il 65,5% delle assunzioni part time svolte nei primi 9 mesi del 2024 riguardava le donne, viceversa erano femminili solo il 37,7% delle assunzioni full time. In termini di retribuzione il divario si amplia ancora di più: il reddito medio di una donna nel 2023 è stato pari a 21.502 euro mentre quello di un uomo è stato di 31.979 euro.
Una differenza salariale conseguenza quindi non solo del fattore tempo – contratti più precari e flessibili – ma anche della tipologia dei contratti e dalla qualifica: analizzando le assunzioni nei primi 9 mesi del 2024, emerge che le donne sono solo il 18% dei dirigenti.
Oggi, in Italia, l’indice di natalità è di 1,17 figli per donna fertile. Diverso è invece il desiderio di maternità: “Interpellate da noi in una recente indagine a livello nazionale – spiegano i sindacati – le donne intervistate hanno dichiarato che ne desidererebbero almeno due ma, purtroppo, dicono di non poterselo permettere. La conciliazione tra lavoro e famiglia rimane infatti una tematica ancora prettamente femminile, sebbene i congedi parentali per i padri siano in aumento (8.021 nel 2023 contro i 6.785 del 2022, ma ancora pochi rispetto a 26.391 congedi di maternità). Per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro, l’INAIL ricorda quanto più frequenti siano gli infortuni in itinere che riguardano le donne a causa principalmente del fatto che su di loro grava il problema di conciliare il tempo di lavoro con quello di cura e ciò implica una numerosità e una, alle volte, maggiore velocità degli spostamenti/trasferimenti, oltre alla stanchezza derivante dalla prestazione lavorativa, spesso a turni.
Altro aspetto del lavoro delle donne che desta una forte preoccupazione è la precarietà del lavoro che rende difficile pensare al futuro, a fare figli e, se estendiamo la riflessione, al tema della violenza sulle donne, anche a reagire agli abusi e ai soprusi psicologici: quando sei un precario sei anche meno tutelato, meno libero e più indifeso. E per contrastare questo divario Cgil Cisl Uil di Vicenza, affidano un monito alle Associazioni datoriali e alle Istituzioni affinchè si amplifichi e si estenda la contrattazione di genere, coinvolgendo le rappresentanze sindacali. La Legge Regionale 3 del 2022 prevede la Certificazione di Genere delle aziende e la costituzione di un registro delle imprese virtuose che seguono le direttive della legge: “L’obiettivo della Certificazione della Parità di Genere delle aziende – argomentano ancora i referenti sindacali – prevede la misura, la rendicontazione e la valutazione dei dati relativi al genere con l’obiettivo di colmare i gap esistenti nonché incorporare il nuovo paradigma relativo alla parità di genere nel Dna delle organizzazioni e produrre un cambiamento sostenibile e durevole nel tempo. Purtroppo evidenziamo che le aziende procedono alla certificazione della parità di genere senza il coinvolgimento della Rsu e delle maestranze, ma esistono anche aziende virtuose che, pur non essendo tenute a condividere il percorso di certificazione con le Rsu, ritengono tuttavia di coinvolgere le rappresentanze dei lavoratori e delle lavoratrici in quanto il pieno coinvolgimento della parte sindacale in azienda può costituire un punto di avanzamento per la cultura aziendale e una garanzia di efficacia del percorso di analisi e valutazione che porta alla certificazione”.
E analizzando lo strumento del Rapporto Biennale che le aziende sopra i 50 dipendenti sono tenute a redigere e a consegnare a Consigliera di Parità e alle organizzazioni sindacali si riscontrano difficoltà nel ricevimento della copia spettante, con la necessità di sollecitare le aziende alla consegna oltre addirittura a rapporti consegnati non completi, soprattutto per la mancanza del dato delle retribuzioni distinte per mansioni, livelli e genere. Un ostacolo, questo, che ha costretto il sindacato in taluni casi a richiedere un intervento degli organi ispettivi e della Consigliera di Parità per la mancata trasparenza stabilità dalla legge. Le organizzazioni sindacali operano con le Istituzioni per favorire e migliorare la negoziazione sociale affinché i servizi rispondano alle richieste delle famiglie, di donne, bambini, anziani.