Bonus edilizia, ancora frodi smascherate dalla GdF per oltre 4 milioni e mezzo di euro

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Tre ditte coinvolte e lavori di ristrutturazione edilizia privata “certificati” dalle carte ma nella realtà mai svolti in tre province del Veneto. “Ballano” oltre 4,5 milioni di euro nell’inchiesta della Guardi di Finanza di Vicenza, coordinata dalla procura di Verona, dopo che la lente di ingrandimento delle Fiamme Gialle ha permesso di organizzare un’organizzazione criminale finalizzata a frodare lo Stato, incamerando benefici dai fondi per il “bonus edilizia“.

Coinvolti indirettamente nell’indagine sono pure 26 privati cittadini – alcuni vicentini, gli altri sono padovani e veronesi – a quanto emerge del tutto ignari dell’utilizzo indebito dei loro nominativi come committenti di lavori mai avvenuti. Due invece gli imprenditori iscritti a registro indagati dal Gip scaligero, entrambi residenti nel Veronese.

Secondo i finanzieri incaricati degli accertamenti, attraverso il sistema del credito d’imposta (con sconto in fattura) avrebbero manipolato nel biennio 2021/2022 beni per 4,65 milioni di euro. Commettendo una sfilza di reati economici di cui saranno chiamati a rispondere (almeno in due per quanto ricostruito ad oggi) in sede di Tribunale: indebita percezione di erogazioni pubbliche, tentata truffa a danno dello Stato, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e autoriciclaggio.

Il tema portante su cui verte il fascicolo d’indagine verte su incartamenti e flussi di denaro creati ad hoc a dimostrare interventi edilizi in verità risultati fittizi, quindi mai effettuati, su immobili nelle province di Vicenza, Verona e Padova. Una vera e propria truffa allo Stato, articolata ma allo stesso tempo ben nota agli investigatori delle Fiamme Gialle, incaricati di stanare le condotte illecite in relazione alla fruizione di agevolazioni previste per i lavori di ristrutturazione disciplinati dal “Decreto Rilancio” (D.L. 34/2020). Un pacchetto di norme che consentiva a fronte di interventi di recupero o restauro delle facciate esterne degli edifici la possibilità di beneficiare di uno “sconto in fattura” o, in alternativa, di maturare un credito d’imposta cedibile a terzi di valore pari al 90% delle spese sostenute.

Come si legge nel report diffuso questa mattina dal Comando Provinciale del 117, erano in 26 i soggetti coinvolti a loro insaputa, tanto da non conoscere nemmeno i due imprenditori titolari delle ditte che reclamavano i crediti d’imposta. In alcuni casi accertati, non sono mai stati commissionati lavori effettivamente svolti. Motivo per cui, è ben più che un mero sospetto l’ipotesi del furto di dati personali dei cittadini sopra citati.

Più in dettaglio, a riprova della “disinvoltura criminale” dei due indagati, le Fiamme Gialle beriche hanno appurato che, in una circostanza, l’immobile oggetto di fittizio intervento non era mai stato di proprietà del committente. Inoltre, anche nei pochi casi in cui i privati avevano effettivamente sottoscritto un contratto di appalto, i lavori non erano stati comunque realizzati, fatta eccezione per un unico caso sui quali erano stati eseguiti parzialmente. Non solo frode, ma anche (auto) riciclaggio. Dall’analisi dei flussi bancari è infatti emerso che circa mezzo milione di euro derivante da monetizzazione dei crediti generati è stato reimpiegato nelle attività economico-imprenditoriali riconducibili ai due indagati.