Lo scavo sul Cimone chiede aiuto: “Qui per recuperare la storia e quei giovani italiani caduti”

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La campagna di scavo sul Cimone, iniziata lo scorso anno grazie ad un finanziamento della Provincia di Vicenza e al lavoro di tanti volontari, anche giovanissimi, per recuperare la prima linea italiana e riportare alla luce quel che resta dei circa 150 soldati sepolti a seguito dello scoppio della mina austriaca che il 23 settembre 1916 sconquassò la montagna vicentina, chiede di ripartire.

E’ un appello accorato quello che arriva soprattutto dai gruppi di lavoro alpini oltre che dal sindaco di Tonezza, Franco Bertagnoli, convinto sostenitore di un’iniziativa di recupero quasi unica nel suo genere, ma bisognosa di ulteriori fondi. Secondo quanto stimato, sono circa 15mila euro quelli che occorrerebbero per un secondo, decisivo, stralcio in grado di ripulire la trincea italiana dove oltre un secolo fa i soldati erano arrivati poche ore prima della deflagrazione: “Lì sotto c’è la nostra storia – commenta il primo cittadino tonezzano – e ci sembra più che mai doveroso andare fino in fondo. Si tratta di un passato che non possiamo dimenticare, con delle famiglie che ancora confidano di ricevere una notizia su quel lontano congiunto mai rincasato”. Un lavoro paziente e rispettoso della natura del luogo, anche quella ambientale, fatto perciò di pale e picconi, oltre che di amore per la storia: “Siamo un gruppo eterogeneo di almeno una cinquantina di volontari – spiega il referente ed esperto di storia locale Manuel Grotto – tutti con attrezzi propri: noi la buona volontà ce la mettiamo tutta e senza chiedere nulla in cambio, ma gli archeologi che devono sovrintendere necessariamente alle operazioni di scavo vanno pagati ed i costi ci sono”.

Una fase dei lavori del primo stralcio, nell’estate 2024

Costi che potrebbero trovare la tanto attesa risposta a Venezia, grazie, in particolare, all’interessamento del consigliere regionale Andrea Cecchellero: “Non potevo sottrarmi dal perorare una causa come questa, certo di trovare attenzione e sensibilità verso un patrimonio che è collettivo, ovvero la nostra memoria storica”. Con l’auspicio di rendere il Cimone un museo a cielo aperto, dove fermarsi a riflettere su eventi che hanno segnato indelebilmente la nostra terra: “Non è escluso che gli scavi, per ora fermi al recupero dei ricoveri – prosegue Grotto – ci restituiscano informazioni nuove rispetto a quei giorni. Ma soprattutto ciò che rimane di quei ragazzi che qui hanno perso la vita, privati del pianto dei propri cari: anche recentemente un pronipote di una vittima della mina ci ha scritto chiedendo di essere informato”.

Oltre 14mila chili di esplosivo quelli che a 1226 metri di quota esplosero per mano austriaca, spazzando la vetta del Cimone e un’intera brigata di fanteria: prima del silenzio, tra le urla dei superstiti e la nebbia delle polveri ancora sparse nell’aria rarefatta. Pagine di una storia che oggi rivendica di non essere soltanto un momento nel passato, ma una testimonianza viva del presente.

foto copertina da Musei Altovicentino