Giubileo adolescenti, i vicentini a Roma e l’esortazione di Parolin: “Nulla sarà troppo grande”


E’ una marea chiassosa e colorata quella che, tra venerdì e la giornata di ieri, ha invaso una Roma già provata dall’enorme afflusso di fedeli arrivati nella capitale per l’ultimo saluto a Papa Francesco. Tra loro c’erano anche circa 850 vicentini, ragazze e ragazzi arrivati in treno ed in corriera per il Giubileo degli Adolescenti. Tristi per un posto vuoto che pesa, emozionati per questo pellegrinaggio tanto atteso.
Un evento stravolto rispetto ai piani originali proprio a causa della morte improvvisa del Pontefice, lunedì di Pasquetta. E così, ieri, in una Piazza San Pietro orfana, la celebrazione eucaristica è stata officiata proprio dal cardinale vicentino Pietro Parolin, che tanti sembrano indicare come successore del papa argentino. Roma accoglie quella fetta di mondo troppo spesso agli onori delle cronache per fatti negativi: giovani additati di indifferenza, di mancanza di idee, di qualunquismo, di apatia. Quando va bene. Invorticati in un loop dove vige il “qui ed ora”. Ma basta camminare tra loro per ricredersi: sono stesi nei marciapiedi, pantaloni un po’ sporchi e magliette stropicciate. Mangiano quel che hanno in zainetti stipati: pochi convenevoli. Anche lungo Via della Conciliazione: qualcuno ha la testa poggiata sullo zaino e osserva le nuvole che corrono veloci sopra al cupolone. Ma gli occhi regalano gioia, di quella autentica: acqua fresca che scorre dove non piove da troppo,a ricordarci che esiste qualcosa di più grande del male, di quel grigio monocolore che toglie visibilità e prospettive alla speranza.
Chi è andato a Roma – è il caso dei giovani di HandsUp, un gruppo vocazionale diocesano con ragazzi di seconda e terza media che si incontrano al centro diocesano Onisto o ancora quello dell’Unità Pastorale Riviera, per restare ai vicentini intervistati – ci è andato perché crede, ma a Roma c’è perfino qualcosa che va oltre la fede e abbraccia un sistema di valori che frantuma ogni stereotipo. Gli adolescenti guardano poco il telefono, parlano, cantano, si abbracciano, improvvisano due tiri a pallone con un giornaletto appallottolato. E pregano. Hanno aspettative alte, credono nel futuro: sorridono. Tanto. Solo questo, con quello che ogni giorno mandiamo in archivio accumulando per loro un’eredità tutt’altro che comoda, dovrebbe farci riflettere. “Non dimenticate mai di alimentare la vostra vita con la vera speranza che ha il volto di Gesù Cristo. Nulla sarà troppo grande o troppo impegnativo con Lui!”, uno dei passaggi di Parolin. Che il giorno prima seguiva, tra le poche auto ammesse, il feretro di Bergoglio verso Santa Maria Maggiore con un pezzo di tunica color porpora impigliata nello sportello e ben visibile alle due ali di folla lungo le vie di Roma: per molti un segno.
Un segno grande come quello arrivato da questa intensa tre giorni spirituale: i giovani sono tante cose. Ma guai a mettere etichette: guai a ritenere a priori o dare qualcosa per scontato. Guai a non credere nelle loro potenzialità. A vederli in stazione, provati dalla stanchezza eppure ancora in vena di scherzi e battute, ancora sembrano poco più che bambini: eppure sono piccoli adulti, capaci di essere quella luce che troppo spesso manca. Che a volte spegniamo. Mentre il mondo la reclama, oggi più che mai.