Antonio Grotto è “mister 900”: oltre i record ai quattro angoli del globo
C’è chi si allena mesi per poter correre una maratona, e chi corre le maratone per tenersi in allenamento. Un esempio vivente , probabilmente l’unico al mondo, si trova a Thiene, ed è una leggenda su scala planetaria tra i runners del gran fondo: Antonio Grotto a 69 anni ha raggiunto quota 900 gare disputate e al rientro dall’affascinante e calda Malaga ci offre un ritratto di filosofia vita, di modo di intendere lo sport, e infine di se stesso. Un record, magari da Guinness dei primati, che l’atleta senza età ha ritoccato nella penisola iberica, attorniato dagli affetti più cari partiti con lui per la trasferta lo scorso week end. Scendendo dal palcoscenico prettamente sportivo, strabiliano le 130 nazioni toccate nel suo girovagare di atleta imperituro e prima da uomo d’affari e turista.
Polo Nord, Terra del Fuoco, Tibet. Ma anche Iran, Vietnam, Città del Vaticano. Luoghi di guerra e luoghi di pace. E le corse più celebri come New York e Tokyo, per citarne solo due. E poi deserti, picchi montuosi oltre quota 4 mila metri, spiagge e foreste e quant’altro ad alto tasso di suggestione possano offrire il globo terrestre e la natura. Fate girare la sfera del mappamondo e puntate pure il dito in un punto qualsiasi: lì, Antonio Grotto, il nonno runner dei record, quasi sicuramente c’è stato o mal che vada ci è volato sopra. Che fosse per una gara ufficiale a piedi, per trekking o per una delle spedizioni cultural/avventurose che ha affrontato in oltre 30 anni di sport e di “vita aperta”, poco importa. Con calma (interiore), ma sempre di corsa.
Competizioni di fondo, mezzofondo, maratone e ultramaratone affrontate: novecento. L’ultima domenica scorsa a Malaga in Andalusia, conclusa al primo posto tra gli Over 65 con l’ennesima medaglia al collo. La prossima fra tre giorni, a Pisa. E solo negli ultimi tre mesi Mosca, Lione, Egitto, Bovec in Slovenia solo tra le tappe internazionali, senza disdegnare le race a due passi da casa e in lungo e in largo per l’Italia, con la 100 km del Passatore nel cuore. In media Antonio Grotto partecipa a 40-45 competizioni all’anno, quando “va male” una ogni week end. Meglio se si viaggia sui 100 km, la distanza preferita in questa fase di vita come ci confida. Insieme ad alcuni amici, è stato tra i fondatori del Team Italia Road Runners.
Chi glielo fa fare? “La vita“. Questa l’estrema sintesi di un nonno – di quattro nipotini, due piccoli – e padre di due figli, imprenditore affermato che a Thiene è nato e risiede tutt’ora, ma che vive in pratica in ogni angolo del mondo. “Quando ho iniziato a correre avevo poco più di 35 anni – ci racconta dalla sua casa dei Cappuccini -, ero in vacanza in Sardegna ed ho cominciato davvero per caso. Forse meno di un mese e mezzo dopo ho partecipato alla mia prima gara, poco più di 30 anni fa. Vivevo un periodo in cui dovevo dare una svolta e un senso alle mie giornate, avevo l’ardore di sentirmi vivo e di fare mille cose differenti, poi la corsa mi ha incontrato, o io l’ho incontrata. In altre parole mi annoiavo, mi ero stancato della routine. Da lì non ho più smesso”.
“Di sicuro nulla accade per caso”. C’è tutta una profonda filosofia dietro alle parole e al lungo percorso di Antonio, fresco “mister 900”. Ma solo fino a domenica prossima quando aggiungerà un nuovo gettone. Che se pure non rammenta la primissima gara della sua carriera di runner “qui in zona ma non saprei dove” si culla invece ricordi e aneddoti preziosi del suo girovagare a piedi di maratona (e affini) in maratona. “Di gare ne ho vinte e in varie categorie – spiega senza far trasparire un filo di orgoglio – ma i risultati sono arrivati col tempo, senza che me ne accorgessi. Considero la corsa come una personale polizza sulla salute: l’immensa fatica si trasforma in altrettanto immensa energia”.
Titoli italiani ed europei conquistati qua e là, e scatoloni di premi, trofei e ricordi. Le medaglie più belle e i souvenir si trovano perfino nei luoghi più impensabili di casa, dal bagno al locale caldaia, oltre che nel suo studio.
Antonio ha corso le cosiddette “Grandi Maratone”, e mica una volta sola. Nella costellazione di ricordi, se ne può scovare uno che rappresenti tutti gli altri? “Mi viene in mente New York – racconta con visibile commozione – a cui ho partecipato per tre volte. Nel 2001, a poche settimane dalla dramma degli attentati in America, ho corso con il cuore in gola. Dal 25° km all’arrivo ho pianto man mano che mi avvicinavo alla zona delle Torri Gemelle. Mi sono seduto con l’amico Giorgio Calcaterra – ndr campione del mondo di ultramaratona – a 150 metri da Ground Zero e credo sia stato il momento più toccante che ho vissuto, mi è rimasto nel profondo dell’anima”.
Un Antonio Grotto giramondo. Ancora oggi e dopo aver messo piede praticamente ovunque. Cosa cerca? “Probabilmente è una ricerca continua per trovare posti che mi emozionino. Mi spiego meglio: vale la pena di percorrere migliaia di chilometri a volte anche per un tramonto, o per un sorriso. Ovunque vado mi immergo nel posto dove sono, cercando di per così dire assaggiare l’ambiente intorno, la cultura, i costumi e le religioni. Olter che le persone. A parte casa, comunque, un rifugio l’ho ritrovato a Parigi, a Montmarte, in Rue des Artistes dove trascorro, quando posso, qualche giorno”.
Certo, bisogna poter permetterselo, ma le sue imprese senza età e senza limiti hanno fatto il giro del mondo insieme a lui, attirando una serie di sponsor che lo sostengono nelle sue scorribande planetarie. E facendone anche un “caso” di studio tanto da aver concesso la sua testimonianza nel corso di un convegno sull’alimentazione nello sport di recente a Milano. Di fronte a una platea di 50 giornalisti specializzati. Per dire? “Dico sempre che noi tutti noi siamo ciò che respiriamo, mangiamo e sogniamo, basterebbe approfondire questi aspetti nel modo opportuno. E smettere di considerare lo stress come un nemico: bisogna operare un’inversione, farne una forza, tutto ciò è possibile”. Ed così, probabilmente, che i 42.195 metri di una maratona o i 100 e passa chilometri da calvario per muscoli, ossa e fiato si trasformano in una riconciliazione con se stessi.
Ma davvero non si allena mai? “Anche fra cinque minuti, se il tempo è bello, magari andrò a correre – spiega sorridendo – ma perchè mi fa stare bene, non in funzione di una competizione. L’importante è farlo senza l’assillo del risultato o del cronometro. In questa fase di vita mi piace però passare del tempo con i miei due nipotini più piccoli, Mattia e Azzurra, trascorrere con loro 2-3 ore al pomeriggio è una gioia. Sto imparando molto da loro”.
E intanto Antonio prepara la valigia con il kit da corsa in vista dalla Pisa Marathon. Corsa anche nel 2017, e allora fu per lui “solo” l’863° traguardo raggiunto. Al simbolico pettorale numero 1.000 ci pensa già? “Vediamo, intanto cominciamo a costruire il domani passo dopo passo. Ciò che importa è che la vita continui ad essere una splendida avventura“.