“Buona strada Marco”: l’addio fra le lacrime e un’eredità da raccogliere
Chiesa di Sarcedo gremita in ogni ordine di posto, commozione negli occhi e negli sguardi anche di chi è rimasto fuori dalle porte della chiesa che Marco Santorso aveva frequentato fin da bambino. Si sono svolte stamane le esequie dell’ingegnere di professione e capo scout per vocazione, morto nella notte tra martedì e mercoledì a seguito dello schianto con un autoarticolato in autostrada, sull’A4, presso l’area di servizio di Arino Est.
Ad attorniare i cari del 40enne, da giorni c’è un’intera comunità: una vicinanza continua, un dolore condiviso per rielaborarlo. Una prossimità toccata con mano già nel rosario “collettivo” recitato ieri sera nella chiesa arcipretale e proseguito nella commovente veglia degli scout, che per tutta la notte scorsa si sono alternati attorno ad un fuoco acceso fuori dalla sua casa. Quell’abitazione quasi ultimata che Marco non ha fatto in tempo a vivere e dove, per volere dei suoi familiari, ha trascorso l’ultima notte prima delle esequie.
Un migliaio di persone, fra parenti, amici, colleghi, scout giunti da diverse province e i volontari dei clown in corsia – vestiti come quando percorrono i corridoi degli ospedali per portare un sorriso – hanno partecipato, all’interno e all’esterno della chiesa di S. Andrea Apostolo, a una celebrazione particolarmente sentita. Una messa scandita dall’inizio alla fine dai simboli e dai valori dello scautismo ma anche delle altre sue passioni. Sopra la bara, la sua borraccia, la gamella e il bricco strumenti indispensabili di tanti campi scout; il gilwell (il fazzolettone internazionale che contraddistingue un capo scout brevettato); il camice e il naso rosso segno della sua appartenenza all’associazione Vip – Viviamo in Positivo; il cuscino della sua squadra di rugby; le campanelle tibetane dello yoga; la maglietta rossa della squadra con cui correva in montagna. Fuori dalla chiesa, uno striscione-ricordo con la scritta “Buona strada Marco” sulla quale in tanti hanno voluto lasciare un pensiero.
All’interno dell’ambiente scout, si sono spese in questi giorni parole profonde in suo ricordo. Altre, fortissime, si sono aggiunte oggi nella celebrazione guidata, insieme ad altri sacerdoti, da don Pompeo Cattaneo, in passato parroco proprio a Sarcedo e guida spirituale di scout e rover. “Marco ha fatto della sua vita un servizio – ha detto nell’omelia – e il ricordo delle cose fatte insieme renderà più sopportabile la sua mancanza”. La commozione, ma anche la speranza e la fede, sono state palpabili per tutta la santa messa, contraddistinta da canti scout e da ricordi che hanno restituito un’immagine dell’ingegnere quarantenne molto nitida: il suo sorriso, la capacità di ascolto, la discrezione con cui a piccoli passi sapeva entrare nel cuore delle persone, la capacità di vedere il buono e il bello in ogni persona, la capacità di dare fiducia. “Abbiamo bisogno di altri Marco, prendete con gioia il posto che lui ha lasciato libero” hanno detto i capo scout ai ragazzi del “Sarcedo 1”.
Le più toccanti sono state però le parole dei genitori. “Marco vi ha lasciato un’eredità pesante – ha detto ai giovani presenti con un filo di voce il padre Gianfranco Santorso, assessore al bilancio a Sarcedo – prego Dio che vi aiuti a metterla in pratica”. “Fino a qualche giorno fa non sapevamo quanto Marco fosse grande – ha aggiunto la madre Luciana Sperotto – e voglio che i semi che lui ha piantato possano crescere. Mi rivolgo in particolare agli adulti: sono i semi dell’ascolto, del rispetto e dell’accoglienza. Noi adulti siamo chiusi, dobbiamo accogliere, ognuno di noi è diverso dall’altro, ognuno ha qualcosa da dare, non dobbiamo dare retta a falsi profeti, a chi dice io: non esiste io, esiste il noi. Mettete in pratica queste cose e Marco sarà sempre presente”. I suoi compagni della Comunità Capi scout di Sarcedo gli hanno dedicato una canzone e dopo la preghiera degli scout e delle rover, gli hanno augurato “buona strada” (saluto dello scoutismo) accompagnando l’uscita della bara dalla chiesa con la canzone “Insieme” e sventolando fra le lacrime i loro fazzolettoni.