Greenpeace sui Pfas: “Per i carabinieri del Noe Provincia e Arpav sapevano dal 2006”
La Provincia di Vicenza e l’Arpav, ente di controllo ambientale, sapevano dell’inquinamento da Pfas dal 2006 e avrebbero avuto quindi un ruolo chiave nel ritardare gli interventi amministrativi (di bonifica) e le indagini penali a carico dell’azienda chimica Miteni di Trissino. Lo sostiene il rapporto di Greenpeace “Le verità sul caso PFAS: come la popolazione veneta è stata condannata ad anni di grave inquinamento” diffuso oggi.
Il documento è una sintesi dell’annotazione di polizia giudiziaria redatta dal Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale Nucleo Operativo Ecologico (Noe) di Treviso: 270 pagine che l’organizzazione ambientalista ha potuto visionare a seguito della chiusura delle indagini sull’ inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche nelle province di Vicenza, Padova e Verona.
Il reporto dei carabinieri ambientali 270 pagine dalle quali emerge una brutta verità: la tossicità delle molecole utilizzate per rendere scivolosa la superficie dei piumini e per rendere antiaderenti le padelle, per cromare e placcare, e la loro presenza nelle acque pubbliche erano cosa nota alla pubblica amministrazione.
L’annotazione del Noe per Greenpeace pone seri interrogativi sull’operato della Provincia di Vicenza che, in base agli esiti del progetto Giada, condotto tra il 2003 e 2009, avrebbe dovuto richiedere verifiche approfondite proprio sullo stabilimento di Miteni. Quei dati evidenziavano notevoli incrementi di concentrazione di Btf (benzotrifluoruri) nelle falde acquifere tra Trissino e Montecchio Maggiore ma, secondo il Noe, non sarebbero mai stati nemmeno formalmente inoltrati all’Arpav, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Veneto”.
D’altra parte, la documentazione del Noe rivelerebbe per Greenpeace che Arpav avrebbe potuto far emergere l’inquinamento già nel 2006, quando tecnici dell’agenzia regionale intervennero presso la barriera idraulica istallata nel sito di Miteni: le operazioni di bonifica potevano partire in quel momento.
«Quanto emerge dal documento del Noe è gravissimo ma non ci risultano ulteriori filoni di indagine aperti dalla Procura di Vicenza a carico degli enti pubblici coinvolti», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «Ci auguriamo che la Procura agisca in fretta per definire un quadro chiaro ed esaustivo delle responsabilità e dei responsabili».
In particolare, il ruolo dei tecnici Arpav è più volte al centro dell’annotazione del Noe, tanto che i carabinieri formalizzano, nero su bianco, la “volontà dei tecnici Arpav di non voler far emergere tale situazione” di inquinamento.
Dai documenti acquisiti, sostiene Greenpeace, apparirebbe difficilmente comprensibile anche la scelta della Procura di Vicenza di fissare al 2013 il termine ultimo di commissione dei reati: sempre dalla relazione dei militari del Nucleo Operativo Ecologico risulterebbe infatti che i vertici di Miteni, Igic e Mitsubishi Corporation potrebbero aver commesso reati fino al 2016 e oltre. Con il risultato di condannare una gran fetta di cittadini veneti ad anni di grave inquinamento, con devastanti problemi di infertilità e di cibo non più sano.
«La scelta della Procura di limitare gli accertamenti al 2013 implica l’inapplicabilità della normativa sui cosiddetti ecoreati, entrata in vigore successivamente – aggiunge Ungherese – applicando la quale, oltre alla possibilità di comminare pene più severe, si renderebbe minimo, almeno per alcuni degli imputati, il rischio della prescrizione».
Greenpeace segnala infine come ancora una volta la prescrizione sui reati ambientali contestati rischia di far finire in un nulla di fatto, processualmente parlando, tutta la vicenda Pfas. “La popolazione veneta – conclude la nota dell’organizzazione ambientalista – che continua a subire le gravi conseguenze dell’inquinamento da Pfas sulla propria salute, ha il diritto di sapere tutta la verità e di avere giustizia”.