Bare abbandonate, ben 20 provenivano dal Vicentino: si allarga l’inchiesta. E lo sdegno
La maggioranza delle 27 bare ritrovate in un capannone fatiscente in Trentino provenivano dal Vicentino. Quasi metà di queste, ben dodici, dal cimitero di Tezze sul Brenta. Altre sei dalla vicina Rosà, poi da Bassano e Brendola, le sette restanti da altri camposanti sparsi nel Veneto. L’inchiesta si allarga e le indagini stanno scoperchiando ben altro oltre alla casse rinvenute a Scurelle (Trento) nei giorni scorsi, smascherando una possibile truffa messa in atto da una cooperativa sociale: avrebbe lucrato in modo illegale sui feretri destinati ai forni crematori. I reati contestati, per ora, consistono in vilipendio di cadavere e gestione illecita dei rifiuti ma è facile prevedere nuovi capi d’accusa futuri vista la portata del raggiro.
Le modalità con cui una cooperativa prelevava le bare sono tutt’ora al vaglio degli inquirenti, in particolare dei carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico). La ricostruzione fin qui accertata descrive un quadro dai contorni macabri: le salme venivano prelevate dai cimiteri convenzionati o su chiamata di privati e, anzichè essere trasportate direttamente nei forni per la cremazione venivano “parcheggiate” in un edificio industriale in parziale rovina. Lì, le casse venivano scoperchiate, i corpi decomposti raccolti e inseriti in sacchi di plastica e scatoloni in sede di ipotesi risparmiando così sugli spazi e sui costi di smaltimento. E forse recuperando, inoltre, materiali ferrosi da rivendere come lo zinco.
Non si può escludere, allo stato attuale delle indagini, che le bare profanate fossero state oggetto di sottrazioni di monili e altre oggetti preziosi che spesso vengono seppellite insieme al “caro estinto”. Così come si dovrà verificare la macabra ipotesi che i resti di più cadaveri venissero accorpati. Congetture più o meno verosimili in cerca di conferme una volta che il fascicolo completo ed esaustivo giungerà sul tavolo di lavoro dei giudici.
La stampa trentina, in base alle indiscrezioni raccolta sul luogo dove sorge il capannone degli orrori, parla di circa 300 casse da morto transitate per il deposito/laboratorio in pochi mesi. Un potenziale affare da decine di migliaia di euro scoperto solo grazie ai sospetti di una pattuglia di polizia locale che, nel corso di un servizio di controllo del territorio, aveva percepito odori nauseabondi provenienti dall’edificio, in evidente stato di degrado come dimostrano le immagini diffuse dalle forze dell’ordine.