Il profilo social privato di Alex Cioni interdetto da Facebook: “E’ una carognata”
Il più famoso e frequentato social network su scala mondiale disattiva il profilo privato di Alex Cioni, portavoce del comitato “Prima Noi” a Schio e candidato consigliere alle prossime elezioni comunali. Dallo scorso week end il “diario personale” di Cioni su Facebook è scomparso dai radar, suscitando non solo la rabbia e la disapprovazione ma anche la denuncia – per ora solo mediatica ma che all’orizzonte si tradurrà anche sul piano giuridico assicura il diretto interessato – con corollario una serie di esternazioni piccate.
“Pagina non trovata“. Questo il messaggio che appare sullo schermo digitando il nome e cognome dell’attivista politico, di recente sostenitore della lista a forza motrice leghista collegata a Ilenia Tisato. Cioni vs Zuckerberg, insomma, nell’agorà virtuale del web. Da ricordare che la misura adottata dai protocolli di sicurezza della piattaforma social è perentoria secondo il messaggio di avviso giunto da Facebook Italia. A determinare il “blocco”, probabilmente, le segnalazioni di altri utenti riguardo ai post con contenuti politici forti da parte di Cioni. Che si schiera contro i suoi detrattori, puntando il dito contro “la sinistra intollerante e multirazzista”.
Riportiamo i passaggi salienti del comunicato giunto in redazione.
“Da sabato mattina il mio profilo personale attivo da dieci anni è stato arbitrariamente disattivato in modo permanente senza alcuna spiegazione, cancellando anni di lavoro oltre che di ricordi personali – racconta Alex Cioni -. Inutile dire che questa carognata, tra l’altro messa in atto in piena campagna elettorale, è la coerente conseguenza di una manovra liberticida provocata dalla segnalazione sistematica di agenti provocatori al servizio della peggiore sinistra intollerante e multirazzista come di talune ong come Avaaz a libro paga dello speculatore finanziario George Soros”.
“Alex Cioni non ha intenzione di lasciare correre la questione – continua la nota ora in terza persona – tanto da essere in procinto di presentare una denuncia avvalendosi tra l’altro di una sentenza del tribunale di Pordenone dello scorso dicembre con la quale il giudice ha dato ragione ad un utente che si era visto disattivare e cancellare il profilo. Facebook ormai non è più solo una piattaforma privata, visto che la sua valenza politica e sociale a livello globale è ampiamente riconosciuta da studi e persino da sentenze. Come tale, quindi, non può più arbitrariamente decidere, fatte salve conclamate e motivate violazioni della propria policy”.
La conclusione: “risulta evidente la sussistenza di un disegno ben preciso, mirato a cancellare le voci dissonanti rispetto ad una narrazione minoritaria ma dominante che trova per l’appunto il sostegno dei poteri forti e l’ausilio di buona parte del sistema mediatico propedeutico ad indirizzare l’opinione pubblica verso un unico filone di pensiero”.
Per i suoi sostenitori, almeno per ora, i “mi piace” devono attendere.