La Seawatch 3 è entrata nelle acque italiane. Per Salvini è un atto ostile
La SeaWatch 3 è entrata nelle acque territoriali italiane, ora si trova a poche miglia dall’isola di Lampedusa, indicata nei giorni scorsi come uno dei porti sicuri dove far sbarcare i migranti. Sono rimaste a bordo della nave della ong tedesca 42 persone, equipaggio escluso, visto che ne erano state fatte sbarcare alcune per ragioni medico-sanitarie.
E per lo stesso principio la comandante della nave, Carola Rackete, ha deciso di violare il blocco imposto dal Viminale. “Ho deciso di entrare in porto a Lampedusa. So cosa rischio, ma i 42 naufraghi a bordo sono allo stremo. Li porto in salvo”, ha scritto su Twitter la donna, e la stessa organizzazione no profit ha dato sostegno alla decisione: “La colpa: essere stati soccorsi da una ONG. La punizione: friggere sul ponte di una nave per settimane. Rifiutati e abbandonati dall’Europa. Intanto sono più di 200 le persone sbarcate nei giorni scorsi a Lampedusa. Basta, siamo entrati”.
Alla provocazione, ed all’azione di forza, ha risposto il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, tutto tramite social: prima ha ribadito di non aver concesso nessuna autorizzazione allo sbarco dando della ‘sbruffoncella’ alla comandante Rackete, poi ha invitato i Paesi Bassi a rispondere dell’atto considerato ostile, visto che la nave batte bandiera olandese. Il tutto schierando la forza pubblica nel porto di Lampedusa, a qualche centinaio di metri dal natante che ancora non è entrato in porto, ma che staziona lì vicino dopo non essersi fermato all’Alt intimato dalle motovedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza.
Non si sono fatte attendere le reazioni delle altre forze politiche. Secondo la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni “la nave va sequestrata, l’equipaggio deve esser arrestato, gli immigrati a bordo rimpatriati immediatamente e la nave affondata come accade per le navi che non rispettano il diritto internazionale”; il segretario del PD Nicola Zingaretti chiede un incontro urgente sul tema dell’immigrazione; l’altro vicepremier, e ministro del lavoro, Luigi Di Maio fa appello al trattato di Dublino e spera in una revisione perchè, dice, “i migranti non possono sbarcare tutti in Italia”.