Il calciomercato moderno tra plusvalenze, parametri zero e commissioni faraoniche
Benvenuti nella seconda fase del calciomercato. Il mese scorso infatti i club hanno solo pensato a sistemare i conti entro il 30 giugno (scadenza che coincide con la fine della stagione sportiva), realizzando plusvalenze grazie a scambi, giovani e valutazioni gonfiate. Operazioni che riguardano soprattutto le squadre impegnate nelle coppe europee, quindi obbligate a rientrare nei parametri del fair play finanziario. Dal primo luglio invece le trattative si basano su valutazioni più vicine alla realtà, anche se a far impennare le spese sono commissioni e ingaggi.
Alla luce di tutto questo, crediamo di non sbagliare scrivendo che servirebbe un “Tribunale del buon senso” che metta fine a questo tipo di “reati” etici non punibili ma indecenti. Una sorta di “doping finanziario” autorizzato. Ecco perché ultimamente i tifosi si sono trasformati in commercialisti ed esperti finanziari: proprio per decifrare certi movimenti, spesso inspiegabili. Insomma, si parla solo di cifre e plusvalenze, raramente si parla del reale valore dei calciatori dal punto di vista tecnico-tattico.
Qualche esempio. L’Inter, la più scaltra in questa politica, ha replicato le operazioni del 2018, realizzando circa 50 milioni di euro con i trasferimenti di numerosi giovani della Primavera. Su tutti Pinamonti, ceduto al Genoa per ben 18 milioni. Stesso discorso per la Juventus padrona della Serie A che si era già portata avanti con la cessione di Mandragora all’Udinese per 20 milioni e di Sturaro al Genoa per 18. Giocatori che non valgono certo queste cifre.
Più recente lo scambio con la Roma: Spinazzola ai giallorossi per 26,6 milioni, Luca Pellegrini ai bianconeri per 22. In sintesi, per quest’ultimo caso: entrambi i calciatori sono stati “valorizzati” per consentire ai due club di inserire nel vecchio bilancio ghiotte plusvalenze. In tal modo, la Juve ha chiuso il resoconto 2018-2019 con 113 milioni di plusvalenze e la Roma con quasi 130 se consideriamo pure le vecchie cessioni di Strootman e Alisson. Una sorta di autofinanziamento lecito per rispettare i parametri di bilancio.
Stesso discorso per lo scambio Manolas-Diawara tra Napoli e Roma. A giugno, il difensore greco è passato ai partenopei per 36 milioni di euro (il prezzo della clausola), a fronte di una valutazione importante del centrocampista guineano. Discorso diverso per il Milan: i rossoneri, consapevoli dell’esclusione dalle coppe europee per vecchi problemi col financial fair play, non hanno fatto né plusvalenze, né cessioni importanti. Ma da oggi, cioè dal nuovo esercizio finanziario, dovranno farne tante se vorranno rientrare nelle grazie della Federazione europea dal punto di vista del bilancio.
I parametri zero e le ricche prebende per gli agenti. In questo la Vecchia Signora è maestra che si è rinforzata ingaggiando ottimi giocatori a scadenza di contratto come Ramsey (ex Arsenal) e Rabiot (ex Psg). Cioè, nessuna spesa per il prezzo del cartellino ma ingaggi faraonici per gli interessati e parcelle da capogiro per i procuratori. La Juventus non a caso ha promesso 10 milioni al manager del fantasista gallese preso a gennaio a parametro zero e altrettanti alla mamma procuratrice del francese ex Paris Saint Germain. Aggiungiamo che, alla faccia del conflitto d’interessi, i regolamenti internazionali consentono allo stesso procuratore di ottenere il doppio mandato (dalla società e dal calciatore) per fare da intermediario e chiudere l’affare.
Ultimo esempio in ordine di tempo il caso de Ligt: il forte e giovane difensore dell’Ajax e dell’Olanda andrà alla Juventus per 70 milioni e firmerà un contratto da 12 milioni all’anno. Il suo procuratore è il vecchio marpione Mino Raiola, campano di origine oggi residente a Montecarlo; un uomo che da cameriere nella pizzeria del padre in terra olandese, ha saputo inventarsi agente di grandi calciatori. Secondo il Fisco italiano, nel 2017 Raiola ha incassato commissioni per oltre 43 milioni e l’anno scorso ha superato quota 62. Quest’anno punta a raggiungere i 100 milioni di “stecche”. Transeat. Ma la colpa non è di Raiola & Company ma dell’intero Sistema Calcio, moderno.