“L’Avez del Prinzep” da albero monumentale si fa cornice di fiaba. Intervista all’autrice
L’Avez del Prinzep, l’antico “gigante” di Lavarone, forse il più alto abete bianco d’Europa, si schiantò a causa del vento, fra la commozione di molti, a metà novembre del 2017. Quell’albero monumentale cresciuto nei pressi di malga Laghetto era meta di tanti vicentini e tantissimi sono stati i bambini che si sono stretti intorno al suo tronco in una specie di girotondo. Ad abbatterlo dopo quasi 300 anni fu non solo dal vento, ma anche un formicaio che ne stava deteriorando il tronco dall’interno. Si stagliava per un’altezza di 54 metri e la sua circonferenza era di oltre 5,5 metri. Un record ma soprattutto un ricordo intimo per gli amanti della natura che lo hanno osservato e ammirato dal vivo. Intorno alla sua imponente quanto tenera figura è nata una fiaba
Parliamo oggi con Maria Luisa Clerico, affermata scrittrice trentina di libri per ragazzi e autrice del libro “L’Avez del Prinzep e l’incantesimo dei folletti del bosco”. Una fiaba racchiusa in 36 pagine che evocano storie di folletti e magia, illustrate con maestria da Roberto Zuliani e con una traccia musicale originale al suo interno. Prezzo di vendita 14 euro, edizioni
- Di cosa parla il libro?
“E’ un libro che parla in un linguaggio d’amore antico come la terra, come il cuore spontaneo dei bambini. Svela la magia che vive nella foresta e che spesso silente comunica con l’anima di ognuno di noi. La fiaba si apre in misteriosi mondi sconosciuti agli occhi di molti ma vivi e reali nell’immaginario di ogni bambino. Folletti, gnomi, fate e animali parlano alla natura che a sua volta interagisce. La fiaba narra della virtù del cuore: il coraggio di una principessa nell’affrontare le prove della vita, rimanendo fedele all’ideale di un amore puro. Affronta paure ataviche e folletti dispettosi che la ingannano per allontanarla dalla felicità. Lei decide di affidarsi alle parole alate di un corvo pur sapendo che non la porterà a volare solo nella luce ma anche nelle ombre e nel buio. Accettando le paure che vivono nell’ombra possiamo prendere forza e affrontarle con consapevolezza, riuscendo così a spezzare l’incantesimo e liberare quell’amore imprigionato che ci allontana dalla felicità. Così anche nel libro, la principessa accetta le paure e va incontro al proprio destino e dopo numerose prove le appare, come in un sogno, il principe (la felicità) imprigionato nell’abete secolare dall’incantesimo dei folletti rossi. Prima di arrivare a conquistarne l’amore, dovrà trovare il modo di oltrepassare la soglia del visibile, affinché l’amore possa divenire realtà anche nella dimora dell’anima. La storia attraversa numerosi luoghi del territorio più o meno noti dell’Alpe Cimbra”.
- Perché lo ha scritto?
“Questa fiaba è nata dall’esigenza di manifestare l’amore che vive nel nostro cuore ma anche la speranza che ci consente di oltrepassare la soglia limitante di noi stessi. Rialzandoci dopo essere inciampati potremo scegliere ciò che è bene per noi e, di riflesso, il bene si irradierà alle persone a noi vicine. Avevo scritto la fiaba già 12 anni fa ma l’avevo riposta nel mio baule foderato di stelle dove dormono tutti i miei personaggi. Finché, pochi anni fa, non vissi un’esperienza surreale ancorché vera. Un pomeriggio apparve, sul terrazzo, un grosso corvo. Nulla di strano se non fosse che i suoi occhi penetranti, presenti, mi fissavano intensamente attraverso le grandi porte vetrate. Mentre lo guardavo mi avvicinai incuriosita senza timore, né giudizio. Ci guardammo per un po’: i suoi occhi comunicavano un’intelligenza viva, quasi umana. All’improvviso scattò avanti prendendo il volo e si schiantò sulla finestra. Se non ci fosse stato il vetro a separarmi da lui il suo corpo avrebbe colpito il mio. Mi spaventai molto e così i miei figli. Dopo qualche minuto si rialzò stordito e barcollando incominciò a camminare picchiettando con il becco i vetri delle lunghe vetrate cercando un’entrata. Lo seguivo incredula e meravigliata dalla sua pervicacia e intelligenza. Non trovando un’entrata volò sulla ringhiera e rimase lì. Ci fissammo poi prese il volo e se ne andò.
Nei giorni seguenti sentii che ero rimasta fortemente turbata da quell’incontro singolare e misterioso. La presenza del corvo proseguì al limite dell’incredibile. Mi spaventai ulteriormente notando che mi seguiva nelle passeggiate solitarie o con i miei figli. Dopo l’ultimo sorprendente incontro avvenuto nuovamente sul terrazzo di casa arrivai alla sera pregando prima di addormentarmi per avere una risposta rispetto alla sua presenza. Mi addormentai con una domanda che risuonava nell’anima. Quella notte sognai ali nere e dietro il buio una luce d’oro che risplendeva come un torrente luminoso. Sentii una voce che mi chiese: ‘Posso aiutarti?’ Rimasi sorpresa. Quelle ali nere mi incutevano timore ma mi sentivo tranquilla e risposi: ‘si!’. Mi sentii trasportare, udii uno sbattere di ali che mi sospingeva e con velocità inimmaginabile varcammo il cielo e le stelle; vidi lampi di luce, percorsi vortici bui e, all’improvviso, giunsi innanzi ad una figura geometrica dorata. Entrai in quella figura attraversandola e, un attimo prima di aprire gli occhi, vidi il corvo che sorvolava attorno ad un maestoso albero e gracchiava ininterrottamente.
Al risveglio le mie prime parole furono: ‘l’Avez del Prinzep’. Balzai dal letto e mi precipitai a rovistare nel mio baule foderato di stelle in cerca della fiaba scritta tanti anni addietro. La rilessi con un presentimento, poi con un vago ricordo che si risvegliava. Immaginate il mio stupore quando trovai il personaggio del corvo! Ecco, sembrava che il tempo si fosse dilatato per un momento. Non sapevo se quello che vivevo fosse realtà, sogno o fiaba, o tutti e tre. Sentivo solo la forza di un desiderio che proveniva dal cuore e il mistero che mi sospingeva come vento nella vita che mi riportò a Lavarone, a Malga Laghetto, per correre lungo il sentiero che mi conduceva all’Avez del Prinzep. Decisi di andarci e, dopo averlo abbracciato, rimasi in sua compagnia. Lo salutai così, osservai le sue fronde e, all’improvviso, una gran gioia nacque in me e sentii il forte desiderio di far conoscere la fiaba, di pubblicarla.
Il giorno del ritiro dalla stampa, dopo la pubblicazione, il mio cuore subì un colpo alla notizia che l’Avez del Prinzep si era spezzato a causa del forte vento. Era il 13 novembre del 2017. L’Avez che aveva affrontato circa 280 anni di tempeste di ogni tipo aveva deciso di andarsene solo nel preciso istante della pubblicazione della fiaba. Compresi che l’amore unisce tutto e tutti in un solo linguaggio. Ecco, mi dissi abbracciando la fiaba come se stessi abbracciando l’Avez, vivi qui nel mio cuore, ora anche fra queste pagine d’inchiostro. Vivrai nel ricordo del bosco, in tutti i tuoi figli e in tutti quelli che ti hanno abbracciato ed amato. A proposito… Non vidi più e non sognai più il corvo, era svanito così come era apparso”.
- Aveva un suo personale rapporto con questo albero?
“Si! Conoscevo quell’albero sin da quando ero bambina. Una mattina mio padre mi disse che mi avrebbe portata a conoscere un vecchio saggio che viveva nel bosco. Ricordo che lo abbracciai forte. Nell’arco della mia vita, mi recai più volte a trovare l’Avez del Prinzep, trovavo magica e luminosa la sua presenza e di tanto in tanto gli rimanevo seduta accanto in silenzio ascoltandolo e permettendo all’immaginazione di prendere il volo”.
- E cosa significava per la gente di Lavarone?
“L’Avez del Prinzep rappresentava un monumento della natura che da sempre veniva associato al territorio di Lavarone. Era considerata la pianta spontanea più grande d’Italia e l’abete bianco più grande d’Europa. Un albero che si stima avesse circa 270/280 anni con un’altezza di circa 54 metri, dentro a una circonferenza che sfiorava i 5 metri. La leggenda ci tramanda che il nome l’abete del principe, in lingua cimbra “l’Avez del Prinzep”, derivi dal soprannome di “Prinzep” dato dal capo del Comune dell’epoca che preservò il grandioso albero. Da quanto ho potuto constatare era considerato un amico e confidente, non solo dagli abitanti dell’Alpe Cimbra che ne erano profondamente legati ma di tutti quelli che lo visitavano come meta di escursioni e gite. Oggi, grazie anche all’opera del Comune con il legno dell’Avez del Prinzep vengono creati vari oggetti per poter finanziare il Percorso dei Giganti e salvaguardare altre piante monumentali dell’Alpe Cimbra”.
- La prossima fiaba?
Prossimamente stamperò una fiaba intitolata “Il Re del bosco” illustrata dal pittore Pietro Verdini. Come in tutte le mie fiabe ci sarà un testo musicale composto da Shamanta Papetti. E anche questa è nata nella natura, dall’intreccio di radici che affondano e ramificano la vita, dai sogni onirici, dall’immaginazione, dalla magica presenza di personaggi come il Re, la principessa Grazia, fate, animali fantastici e dalla presenza di un terribile drago. Ed infine dal mistero che soffia come vento nella mia vita, dato che questa fiaba custodisce un incantesimo che, ahimè, ancora non so sciogliere”.
Nel frattempo si può seguire l’autrice al sito www.marialuisaclerico.it