Hong Kong, anche i professori scendono in piazza
Agli studenti e attivisti che 11 settimane fa hanno cominciato a manifestare contro la legge sulle estradizioni in Cina, si sono uniti migliaia di professori, che ora sfilano sotto la pioggia battente. Un nuovo sabato ad altissima tensione quello di oggi con centinaia di mezzi e blindati e di unità paramilitari cinesi convenuti a Shenzhen, a pochi chilometri dall’ex colonia britannica. La “marcia dei professori” rappresenta solo il primo dei tre appuntamenti previsti per questo sabato di proteste a Hong Kong.
I sindacati dell’Hong Kong Professional Teachers, promotori dell’evento (dedicato alla “tutela della prossima generazione, lasciamo che le nostre coscienze parlino”), hanno cominciato il raduno a Chater Garden, nel cuore della città, prima di avviare la marcia verso la Government House, la residenza della contestatissima governatrice Carrie Lam. Nastri bianchi sono stati legati alle inferriate di metallo della sede del Governo per la democrazia mentre i professori hanno marciato indossando abiti neri, il colore scelto da attivisti e studenti per le proteste pro-democrazia. Il corteo ha ribadito anche la convinzione che la Lam debba ascoltare e rispondere alle domande dei dimostranti, smettendo di fare ricorso alla violenza della polizia per disperdere i manifestanti.
Quello che sta accadendo sta attirando parecchie attenzioni per la particolare storia di Hong Kong, che fino al 1997 fu controllata dal Regno Unito e governata secondo le sue leggi, e poi passò sotto il controllo della Cina, che cominciò fin da subito a essere molto presente nella vita politica del territorio. Hong Kong non è una piena democrazia perchè in una certa misura è sottoposta al rigido monopartitismo cinese.
Le nuove manifestazioni sono cominciate all’inizio di giugno e inizialmente riguardavano l’emendamento a una legge sull’estradizione che, se approvato dal Parlamento locale, avrebbe consentito di processare nella Cina continentale gli accusati di alcuni crimini gravi, come lo stupro e l’omicidio. La legge era stata proposta dopo che nel febbraio 2018 un 19enne di Hong Kong era stato accusato di aver ucciso la propria fidanzata di 20 anni durante una vacanza a Taiwan. Taiwan aveva cercato di ottenere l’estradizione del giovane, ma le leggi di Hong Kong non lo avevano permesso, cosa che sarebbe stata invece possibile con l’emendamento.
Oggi il responsabile cinese dei Rapporti con Macao e Hong Kong ha detto che la città-stato tra attraversando la sua crisi più grave da quando è ritornata sotto la sovranità cinese. Gli osservatori internazionali hanno cominciato a chiedersi cos’abbia intenzione di fare la Cina per reagire alle proteste: finora ha usato solo censura e minacce, ma avrebbe la possibilità legale e concreta di usare la forza all’interno del territorio autonomo di Hong Kong.