Uccelli da richiamo in condizioni ai limiti del maltrattamento: denunciati due cacciatori
Un controllo delle guardie zoofile dell’Enpa sulle colline di Fara Vicentino ha messo fine alle condotte irregolari di due cacciatori e un cittadino della zona, accusati di detenzione non conforme di uccelli da richiamo. I volatili erano rinchiusi in gabbiette anguste e del tutto oscurate, in condizioni quindi incompatibili con la propria natura oltre che con la legislazione vigente. Si potrebbe configurare inoltre il reato di maltrattamento di animali. A metà settembre il blitz, di cui se ne è data notizia nei giorni scorsi dopo la convalida del sequestro di alcuni esemplari – poi liberati in natura – nel corso della “missione”.
Ai piccoli uccellini individuati dalle guardie volontari sarebbe stata applicata la “muda“, termine gergale che nelle pratiche venatorie consolidate consiste nel ricreare un ambiente umido oscuro, sfalsando il naturale ciclo biologico della specie. Così facendo, i volatili sono indotti a cantare il tipico cinguettio nel periodo autunnale – anzichè in primavera – attirando i propri simili, facile preda dei cacciatori appostati nei capanni. Secondo l’articolo 727 del codice penale, i due accusati – entrambi di Fara – rischiano una sanzione da 1.000 a 10.000 euro ciascuno e una pena fino a un anno di detenzione.
Si tratta di pratica non consentita in Italia. E che, nei due casi citati ha portato alla luce l’utilizzo di circa 40 tra tordi, merli e cesene, tutti rinchiusi in gabbiette delle dimensioni di circa 30 centimetri di altezza, lunghezza e profondità. Contenitori a loro volta stipati in due distinti garage completamente al buio, distanti 300 metri uno dall’altro: privi sia di illuminazione naturale che artificiale, contravvenendo in questo modo alle leggi in materia. Una direttiva, infatti, prevede per gli allevamenti una luminosità giornaliera pari a 500 lux, mentre nella fattispecie è stato riscontrato – secondo la nota diffusa da Enpa – un solo lux, in pratica la completa oscurità, in pieno giorno. Il più anziano dei due, di circa 80 anni di età, avrebbe dichiarato alle guardie anche di praticare lo “spennamento a vivo”, condotta vietata che se accertata configurerebbe il reato di maltrattamento di animali, con sanzioni fino a 30 mila euro oltre alle implicazioni penali (da 3 a 18 mesi).
Ai due artefici del sistema di allevamento non in regola – S.A. e M.A. le loro iniziali, non sono legati da parentela – è stata ratificata la doppia denuncia. Un terza deferimento è stato indirizzato, poi, a un cittadino locale che deteneva alcuni esemplari in “fiasche” all’esterno, una posizione irregolare ma più lieve rispetto ai due praticanti. Sequestrati nell’operazione tre volatili, poi liberati. Si stima che nel solo Vicentino vivano in condizioni simili, al limite del maltrattamento, almeno 100 mila uccelli.
“Si tratta di una situazione inaccettabile in un paese civile – spiega Renzo Rizzi, Ispettore Regionale delle guardie Enpa – e di reati penali che vanno senza dubbio perseguiti: le sentenze di Cassazione sono univoche nel confermare che la detenzione di uccelli da richiamo nelle gabbiette utilizzate per la caccia costituisce un grave reato. Le stesse sono consentite esclusivamente per il trasporto e l’uso degli uccelli da richiamo durante la caccia, e non per l’intera vita dell’animale. I cacciatori che vogliano mettersi in regola devono creare apposite voliere per permettere agli animali di vivere in modo dignitoso, oltre che per evitarsi denunce, pesanti sanzioni e problemi legali”.