Bolivia, il presidente Evo Morales si dimette e lascia la Paz
Svolta definitiva in Bolivia dopo settimane di tensione: Evo Morales si è dimesso dalla presidenza e ha lasciato con un aereo La Paz. Il presidente si è rifugiato nella regione di Cochabamba dove ha annunciato che risiederà in futuro. “Non ho ragioni per scappare”, dato che “non ho rubato nulla. Il mio peccato è essere indigeno, dirigente sindacale, ‘cocalero'”. “Essere indigeno, antimperialista e di sinistra – ha detto Morales – è il nostro peccato”. Ma Luis Fernando Camacho, leader indiscusso del movimento dei comitati civici che ha portato alle dimissioni di Morales, ha fatto sapere che contro di lui è stato spiccato un mandato di arresto. “I militari – ha esultato su Twitter Camacho – gli hanno tolto l’aereo presidenziale e lui è nascosto nel Chapare, e lo cercano! Giustizia!”. Tuttavia il capo della polizia ha smentito che l’ex presidente sia ricercato dalle forze dell’ordine.
Le dimissioni di Morales sono solo l’epilogo di una giornata drammatica, iniziata con un ultimo tentativo di restare al potere: il passo indietro di Morales di fronte alla piazza che da settimane chiedeva nuove elezioni presidenziali dopo quelle del 20 ottobre, i cui risultati erano stati modificati a suo favore per consentirgli di essere confermato per la quarta volta alla presidenza.
A segnare la svolta ieri era stato il rapporto dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) che riconosceva ufficialmente i brogli: a quel punto l’ex leader dei cocaleros, l’umile coltivatore di piante di coca diventato il simbolo del riscatto per milioni di poverissimi, si era reso conto che era finita e aveva annunciato le nuove elezioni. Ma le sue parole non erano bastate. Carlos Mesa, leader dell’opposizione, aveva replicato: “Non abbiamo nulla da negoziare. Morales deve dimettersi”. Infine la svolta decisiva: l’esercito aveva preso posizione chiedendogli ufficialmente di dimettersi. Poche ore dopo la fuga.
Sulla Bolivia era intervenuto ieri anche Papa Francesco che aveva invitato a pregare per “l’amata Bolivia”, chiedendo che il processo di revisione dei risultati delle presidenziali avesse luogo “in pace” e senza precondizioni.