Due milioni di euro “congelati” dalle Fiamme Gialle a un’azienda thienese. Fatture false?
Beni immobili non meglio precisati, alcune decine di migliaia di euro dal conto corrente e perfino una polizza assicurativa. Sono questi i beni “congelati” dalle Fiamme Gialle di Vicenza a un’azienda con sede a Thiene, una srl operante nei più disparati settori – commercio di pelli e cavi elettrici, servizi di facchinaggio e di manodopera generica – che in realtà, secondo le ipotesi d’accusa acquisite dal gip del Tribunale, emetteva fatture per prestazioni e compravendite mai avvenute, a vantaggio proprio e di terzi soggetti ma in danno all’erario. Un elaborato raggiro di cui dovranno rispondere un 38enne di Thiene – A. Z. le sue iniziali – e un 60enne (G.S.) che risulta residente a Pove del Grappa.
Il sequestro preventivo a tutela del fisco italiano, in caso di condanna al risarcimento oltre alle conseguenze di rilievo penale, ammonta esattamente a 1.971.706,36 euro, e come detto si riferisce a immobili e disponibilità finanziare dell’azienda srl, di cui il Comando Provinciale della guardia di Finanza non ha rivelato la denominazione. La verifica è stata portata a termine dalla tenenza di Thiene, che ha ripercorso l’attività illecita condotta dai titolari, da Bassano del Grappa alla città altovicentina passando per altre località del Vicentino, attraverso i trasferimenti mirati dell’attività da un posto all’altro a cavallo degli anni tra il 2013 e il 2016. Al sequestro preventivo potrebbe seguire la definitiva confisca, dei quasi due milioni di euro, qualora il procedimento confermasse le ipotesi e gli indizi raccolti dalle Fiamme Gialle.
Secondo i finanzieri, le operazioni oggettivamente inesistenti in seguito ai controlli specifici avrebbero raggiunto l’ammontare complessivo di 4,5 milioni di euro. Emessi documenti fiscali fasulli al fine di consentire a società terze di “gonfiare” il capitolo dei costi e quindi di evadere imposte sui redditi e Iva. Il sodalizio creato tra i vari soggetti economici coinvolti nella truffa avrebbe così permesso la spartizione dell’Iva tra i due gestori della società indagati e la restituzione dell’imponibile al “cliente” di turno. Le fatture, aventi ad oggetto prestazioni di svariate tipologie, sono risultate incompatibili con l’inesistente organizzazione di mezzi e personale della società.