Lara e la “mangiatrice di vita”
Inizia a scrivere per noi – fin dal giorno “zero” della nostra testata – Lara Tessaro. Ho voluto fortemente questa collaborazione dopo aver letto tutto d’un fiato (commuovendomi) il suo libro, che consiglio caldamente, “Piegata – Diario di un’anoressia”. L’ho voluta, questa collaborazione, perché Lara ha una bella scrittura, che cattura e graffia, alla quale non puoi restare indifferente perché ti porta dentro alle pieghe dei suoi pensieri, delle sue rabbie, delle sue speranze, dei suoi estremi, dei suoi (ma sarebbe meglio dire “dei nostri”) conflitti. La sua corrispondenza potrà essere continua o saltuaria, ravvicinata o diluita, ma sono certa che anche voi l’apprezzerete e che i suoi contributi ci faranno molta compagnia nel viaggio editoriale che stiamo iniziando.
Mariagrazia Bonollo
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Benvenuti in questo spazio, che inizio a riempire raccontandovi la mia storia. La storia di una ragazza che, se vorrete, vi terrà compagnia con alcuni suoi scritti.
Questa ragazza si chiama Lara e ha 27 anni (quasi 28). E’ nata ai primi di un freddo dicembre, e a dirla tutta, non è mai riuscita a scaldarsi da quel freddo che l’ha accolta nel mondo.
Nella sua breve vita è passata attraverso alcuni ruoli comuni, e altri meno diffusi. E’ stata figlia, bambina, adulta (mai adolescente), sorella, fidanzata, amante di una notte, cugina, madrina, studentessa, amica, nemica, paziente, malata-sana-malata-malata. Ora, da una manciata di mesi, la definiscono anche scrittrice. Lei ha infatti, dopo tanta fatica, realizzato il suo sogno di pubblicare un libro.
Un libro. Nell’immensità degli argomenti possibili da trattare, lei ha scritto e scrive di sé e di ciò che conosce meglio: l’anoressia. O, come la definisce lei, la “mangiatrice di vita”. Lara nella sua vita ha lavorato per brevi periodi, ha fatto lunghi ricoveri annuali, ha tentato la strada dell’università (interrotta poi per motivi di salute). Di certezze nella sua vita ne ha ben poche, talmente poche che si possono contare sulle dita di una mano: la famiglia, la mancanza di benessere e in ultima ma non d’importanza, la scrittura. Lei infatti già dai primi anni delle elementari scriveva, scriveva continuamente. Veniva elogiata a scuola per i suoi temi, passava i pomeriggi a scrivere storie, canzoni, poesie, invece di uscire a giocare con gli amici. E una volta cresciuta, prediligeva un buon libro o un foglio bianco ad un’uscita con gli amici.
Questa chiamiamola passione, che poi è riduttivo, non l’ha mai abbandonata.
Per lei infatti scrivere equivale a respirare. Ma non i soliti respiri quotidiani. No. Lei respira a pieni polmoni, di quei respiri che sono vitali per riprendersi dopo uno shock, dopo uno sfiorato annegamento. Respiri senza i quali non parrebbe più di respirare, respiri necessari a riprendere pieno uso delle facoltà respiratorie. Ecco cos’è la scrittura per lei.
Dopo aver pubblicato il suo libro, le viene proposto di tenere una rubrica su questa nuova testata on line, L’Eco vicentino, un appuntamento periodico nel quale le si offre la possibilità di esprimersi, di avere uno spazio per raccontare e per avvicinarsi ai lettori con tematiche personali, ma che si discostano un po’ dal suo libro “Piegata – Diario di un’anoressia”.
La sua tipica bassa autostima le sta facendo dubitare delle sue capacità di gestire ed essere all’altezza di un compito così importante qual è parlare con i lettori di sé, e cercare il loro interesse/affetto. Lei, dopotutto, ha scritto sempre e solo per se stessa e quindi tutto questo le è nuovo, strano, le pare quasi di dover scrivere leggermente per entrare nelle vite altrui in punta di piedi, di dover calibrare termini e argomenti, filtrare ricordi e selezionare emozioni.
Di cosa parleranno i suoi scritti? Ancora ci sta pensando. Niente di impegnativo, nessun tema d’attualità: non è una giornalista e non si sente tale. Non ha conoscenze né cultura generale. Probabilmente, capiremo di cosa tratteranno i suoi racconti solo dopo averli letti, uno alla volta, argomento per argomento, soggetto per soggetto, tema per tema. Della serie “facciamola scrivere e vediamo cosa ne esce”.
Nel suo piccolo, ne sono certa, avrà ansia da prestazione per ogni parola che comparirà sopra il suo nome posto a fine tracciato. E si sentirà a disagio, quasi sopravvalutata. Scriverà con la paura di non essere abbastanza, di non sapere abbastanza, di non aver abbastanza da raccontare. Però di una cosa sono certa; sarà un viaggio inusuale.