Gli infermieri vicentini: “Non siamo eroi, ma non lasciamo solo nessuno”
Sono stati definiti, assieme ai medici (ma anche operatori socio sanitari, e in generale personale della sanità), eroi nazionali. Sono quegli uomini e donne che ogni giorno da un mese a questa parte sono stati catapultati dentro una vera e propria guerra. Sono quelli che ci stanno salvando dal collasso, coloro che stanno dando una concreta speranza per superare questa crisi storica, grave forse solo come le guerre mondiali del Novecento.
Stiamo ovviamente parlando degli infermieri, i soldati di questa guerra subdola e infida contro il CoVid-19, questo male invisibile che si è già portato via troppe vite, e che sta colpendo anche loro, infermieri e medici impegnati ogni giorno a fare il loro lavoro e aiutare il paese a debellare la pandemia da nuovo coronavirus. Gli infermieri di Vicenza hanno scritto una lettera toccante, che oggi ci sentiamo di pubblicare integralmente, per dare voce e spazio a chi in questo momento sta facendo la differenza. La misdiva porta la firma di Stefano Bigarella, vice presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche della provincia di Vicenza e infermiere Suem 118. Eccola.
Non siamo eroi, ma combattiamo giorno e notte per non lasciare nessuno solo. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha proclamato, sembra una profezia, il 2020 Anno Internazionale dell’Infermiere e dell’Ostetrica. Mai come ora il personale sanitario è stato sottoposto a prove così dure e impegnative: fisicamente, psicologicamente e moralmente.
Non lo abbiamo mai voluto prima e non lo vogliamo in questo momento, essere chiamati eroi, anche se come gli eroi combattiamo e non lasciamo mai nessuno da solo. Vogliamo solo essere riconosciuti per quello che siamo. Persone che si occupano di altre persone dalla nascita alla morte. Vogliamo essere chiamati con il nostro nome. Infermieri. Infermieri che negli ultimi 20-30 anni hanno fatto quello che istituzioni e cittadini chiedevano: abbiamo elevato la qualità dell’assistenza affrontando solidi percorsi universitari e specializzazioni; abbiamo garantito la sicurezza delle cure e l’uso appropriato delle risorse.
Il “Sistema Salute” Italiano è ritenuto a livello unanime tra i migliori del mondo per qualità, costi e prestazioni erogate, ma come infermieri non ci siamo mai illusi che questo sarebbe stato per sempre. Per anni abbiamo chiesto che si intervenisse per minimizzare gli impatti di una serie di minacce che intravedevamo all’orizzonte: mutamenti demografici ed epidemiologici sopra tutti. Questa pandemia ha drammaticamente accelerato il tempo e ci ha scaraventato in un futuro che i più non volevano vedere.
Un italiano su cinque oggi ha più di 65 anni e domani saranno, saremo, tre su cinque, ma scontiamo questa elevata sopravvivenza con una peggiore qualità di vita, con limitazioni gravi o moderate, abbiamo una o spesso più patologie croniche e siamo più vulnerabili, più facilmente attaccabili, anche dai virus. Questo, in particolare, sta decimando la parte più anziana della popolazione, quella che ci ha garantito questi livelli di benessere e che oggi sconta una non programmazione che non sarebbe nemmeno corretto imputare alla sola classe politica odierna.
Passata questa emergenza, la sostenibilità sarà la sfida che il Servizio Sanitario Nazionale dovrà affrontare nei prossimi anni, dovremo cioè assicurare il mantenimento del principio di universalità del sistema e questa sfida deve già ora affrontare il problema della mancanza di professionisti, di tutti i professionisti ed in particolare degli infermieri. 50 mila, sono quelli che mancano in Italia, il che rappresenta una delle emergenze sanitarie più importanti della storia italiana. Questo, nonostante numerosi studi abbiano dimostrato che la mortalità aumenta se associata alla carenza di infermieri.
Mancano sicuramente a causa di un lungo programma di contenimento della spesa, che è passata anche dal taglio del personale, ma anche perché per 1500 euro al mese, comprensivi di notti e festività lavorate, le persone non sono disposte ad affrontare un lavoro che se pur ricchissimo di soddisfazioni, è indiscutibilmente un lavoro duro, in alcuni momenti estremamente rischioso (siamo a livello nazionale la gran parte degli operatori risultati positivi a COVID-19), con elevate responsabilità e socialmente, ad essere garbati, poco riconosciuto.
Come Ordine delle Professioni Infermieristiche, siamo convinti che il benessere, la visibilità e il giusto riconoscimento organizzativo ed economico degli infermieri non sia solo una questione che coinvolge la professione, ma è un argomento che riguarda da vicino la società nel suo insieme e insieme, ognuno per la sua parte, dobbiamo impegnarci affinché la questione assuma l’importanza e la visibilità che merita.
Articolo 32 della costituzione: diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività. Non ce un’altra parte della costituzione dove la parola diritto e la parola fondamentale sono una a fianco all’altra. Solo per la salute. Il sistema sanitario nazionale, mai è stato chiaro come in questi giorni, rappresenta uno degli asset più importanti dell’Italia, terza azienda del paese, con migliaia di donne e uomini che 24 ore al giorno lavorano per garantire e difendere la vita dei propri connazionali. Dal buon funzionamento di questo complesso e articolato sistema passa la salute e la vita delle persone; salute che non è solo un valore di per sé ma è anche un pilota per la crescita, solo una popolazione sana può consentire il raggiungimento del pieno potenziale economico del Paese dove vive.
Sto condividendo questi giorni e notti lunghe e difficili con molti colleghi in ospedale. Senza usare gonfie parole, la cosa che più continua a colpirmi vedendo quelle facce segnate dagli elastici delle mascherine, quei capelli appiattiti dalla cuffia, è il tono della voce, l’energia, l’onore di fare il proprio dovere, l’assenza di lamentele, che so arriveranno e sarà giusto farlo passata la tempesta. Adesso no, ora è il tempo di stare svegli, concedersi agli altri, dare il meglio di sé e nonostante si stia vivendo sotto una forza di gravita decuplicata, di non mollare. Li guardo e sono orgoglioso di far parte di questa professione.