Covid-19, caso all’Ipab di Vicenza: polemica fra sindacati e Ulss sulla mancata sicurezza
Dopo il primo caso di contagio da nuovo coronavirus all’interno della residenza Trento dell’Ipab di Vicenza, infuria la polemica fra i sindacati, la direzione dell’Ulss 8 Berica e quella dell’ente assistenziale. “Le lavoratrici e i lavoratori dell’Ipab di Vicenza ci hanno segnalato che già all’entrata si sapeva che questa ospite aveva dei parenti stretti risultati già positivi al coronavirus, tuttavia non è stata messa in isolamento ed è stata inserita in una stanza assieme ad altra ospite, senza alcuna attenzione all’eventuale inserimento in una struttura ‘sana’ di un ipotetico ospite già contagiato, quindi senza un tampone preventivo e ‘trattata’ dal personale senza i necessari dispositivi di protezione individuale”.
La grave denuncia viene da Ruggero Bellotto, segretario provinciale del settore funzione pubblica della Cisl vicentina, a poche ore dalla notizia, comunicata sabato sera dal presidente di Ipab di Vicenza, Ermanno Angonese. “Se ciò risultasse veritiero, la Cisl Fp di Vicenza esprime forte preoccupazione per l’emergere di un nuovo focolaio Covid-19 all’interno dell’Ipab di Vicenza che si sarebbe potuto evitare con un po’ di ragionevolezza e di buon senso, ovvero accertando con tampone l’assenza del coronavirus nell’ospite in questione prima di inviarlo e/o accettarlo presso la residenza Trento, anche in assenza delle disposizioni delle tardive disposizioni regionali giunte il successivo 20 marzo!” La Cisl non ritiene però sufficiente esprimere preoccupazione e aggiunge “una condanna quantomeno morale per l’accaduto, lasciando alla Procura della Repubblica accertare i fatti ed eventuali responsabilità penali”.
Nel giro di poche ore era arrivata la replica del direttore generale dell’Ulss 8 Berica, Giovanni Pavesi, che aveva respinto le accuse. “Viviamo una situazione senza precedenti – ha commentato Pavesi – che alimenta comprensibili timori nella popolazione. Proprio per questo motivo, tuttavia, ritengo irresponsabile alimentare ulteriormente tali paure diffondendo insinuazioni e commenti senza prima verificare i fatti”. Il dg della sanità a Vicenza aveva quindi ricostruto la vicenda, spiegando che non vi era stata “alcuna leggerezza o errore nella gestione della paziente e “smentendo gni insinuazione”.
“La paziente – scrive Pavesi nella nota – era stata trasportata al pronto soccorso del S. Bortolo il 16 marzo per una caduta in casa: poiché la signora riferiva di vivere da sola e di avere già avuto diversi episodi simili, veniva giudicata non in grado di continuare a vivere da sola e quindi ne era disposto il ‘ricovero sollievo’ presso il Trento, dove veniva accolta nella giornata del 17 marzo. All’epoca non c’era nessun motivo per sospettare una positività al coronavirus in quanto la paziente era totalmente asintomatica e soprattutto i tamponi dei due parenti stretti risultati positivi al covid-19 sono stati effettuati solo successivamente, precisamente il 20 marzo. Questo consente quindi di smentire facilmente il fatto che ‘all’entrata si sapeva che questa ospite aveva dei parenti stretti risultati già positivi al coronavirus’. Alla luce di questa positività, il Servizio Igiene e Sanità Pubblica dell’Ulss 8 Berica ha già svolto una quarantina di tamponi presso altri ospiti e il personale della struttura del Trento”.
Ancora qualche ora e Bellotto di Cisl Fp aveva rimarcato la posizione del sindacato in una lettera aperta a Pavesi, nella quale afferma di ritenere non esaustive le spiegazioni ricevute e ricorda che dal 5 marzo erano sospese le visite dei parenti agli ospiti dell’Ipab e che il 16 la Regione ha comunicato a tutte le Ulss le misure per contenere il virus, compresa “l’effettuazione del tampone a tutti i dipendenti delle aziende sanitarie e delle strutture residenziali per non autosufficienti”. Lo stesso giorno il presidente dell’Unione delle case di riposo (Uripa) aveva invitato gli enti a limitare nelle strutture gli accessi dell’assistenza programmata dei medici ai soli casi più gravi, mentre il giorno successivo, quello dell’ingresso dell’anziana nella residenza, l’emergenza Covid-19 era già nota. “Si doveva quindi evitare, anche per buonsenso” di introdurla “Senza alcune segnalazione, quindi non isolata, e trattata da personale senza gli appositi Dpi”. E ricara la dose, chiedendo “conferma o smentita della notizia raccolta nelle ultime ore, che la persona in camera con l’ospite in questione è stata contagiata”.
Sulla vicenda ieri era arrivata anche la denuncia di Fp Cgil, che in una nota aveva parlato di “fragilità del sistema delle case di riposo e dell’enorme rischio che si annida in strutture residenziali che ospitano persone fragili e nelle quali, purtroppo, la possibilità e facilita della diffusione del contagio è molto alta, come ci insegnano tristemente i casi della Madonnina di Bassano del Grappa e di Villa Aldina a Rossano Veneto”.
“ Nelle scorse settimane – prosegue Cigl FP – abbiamo inviato richieste e diffide a diverse strutture, per segnalare la carenza dei dispositivi di protezione individuale, Dpi, per il personale e piu in generale la mancanza di protocolli chiari e uniformi per la gestione delle emergenze. L’immagine che emerge è di un sistema, quello delle strutture residenziali, disomogeneo, senza un regia chiara e in cui le decisioni, anche nell’applicazione delle varie direttive delle Ulss, e lasciata ai singoli dirigenti, in totale assenza di una condivisione a livello provinciale o distrettuale, tantomeno regionale. A tal proposito sono gravi le affermazioni del presidente Zaia quando, nel rilevare la difficolta di un governo regionale del sistema delle case di riposo poiché hanno una gestione a sé, nella sostanza evita di prendersi una responsabilità che invece e piena, a partire dalla mancata riforma delle Ipab, che ha messo in ginocchio il sistema e che oggi mostra i suoi effetti deleteri in tutta la sua drammaticità”.