Ok da Arcuri all’app per il tracciamento del contagio da coronavirus in Italia
Via libera del commissario Domenico Arcuri alla app per il tracciamento del contagio da coronavirus, necessaria all’avvio della ‘fase 2’ per superare l’emergenza Covid-19. La scelta del governo è caduta sul software di contact tracing progettato da Bending Spoons e si chiamerebbe “Immuni”. Ora la app passerà al vaglio della task force di Vittorio Colao.
Questa app sarà un pilastro importante nella gestione della fase successiva dell’emergenza. La sperimentazione è in programma in alcune Regioni pilota, poi verrà estesa. E’ stato lo stesso Arcuri, commissario per l’emergenza, a delineare uno scenario piu’ chiaro per il sistema di tracciamento italiano del contagio del coronavirus a cui stanno lavorando il ministero dell’Innovazione e la Presidenza del Consiglio.
Le regole per questa particolare app le ha dettate l’Europa. Su tutte: anonimato e niente geolocalizzazione, sì a bluetooth e volontarietà. Criteri che vedono il plauso del Garante della Privacy Antonello Soro: “Speriamo in una massiccia adesione volontaria dei cittadini speriamo possano sopportare e supportare il sistema di tracciamento dei contatti, che ci servirà a capitalizzare l’esperienza della fase precedente ed evitare che il contagio si possa replicare. Mentre l’Ue nel documento stilato in collaborazione con i governi scrive: “I Paesi Ue stanno convergendo verso un approccio comune con soluzioni che minimizzano il trattamento dei dati personali”. Oltre ai requisiti di volontarietà e interoperabilità tra Stati, già ribaditi, l’Ue si sofferma in particolare sulla tecnologia giudicata più idonea per le app di tracciamento.
Le altre indicazioni dell’Europa. La stessa Ue su queste particolari app aggiunge: “Devono stimare con sufficiente precisione (circa 1 metro ndr) la vicinanza tra le persone per rendere efficace l’avvertimento se si è venuti in contatto con una persona positiva al Covid-19; per questo, dice, possono essere utilizzati il bluetooth o altre tecniche efficaci, evitando la geolocalizzazione. I dati sulla posizione dei cittadini non sono necessari né consigliati ai fini del tracciamento del contagio. L’obiettivo delle app non è seguire i movimenti delle persone o far rispettare le regole perché creerebbe rilevanti problemi di sicurezza e privacy”.
Come funzione ‘Immuni’: la modalità di trasmissione dati avviene tramite Bluetooth proprio perché è necessaria una distanza breve. Quasi come quella che dovrebbe intercorrere tra le persone che seguono le norme da distanziamento sociale. Se due cellulari arrivano a distanza tale che il Bluetooth si aggancia allora vuol dire che le due persone sono state troppo vicine e a rischio virus.
Una volta attivata, l’app comincia a memorizzare i codici identificativi anonimi con cui entra in contatto. Se una persona risulta essere infettato dal Covid-19 l’operatore sanitario riceve il codice col quale può scaricare dal server centrale i dati della app del paziente ivi compresi i codici delle persone “incrociate” dall’infetto. Il server quindi calcola il “rischio” contagio in base a vicinanza e durata del contatto e di conseguenza genera le notifiche da inviare agli smartphone delle altre persone.
Il diario clinico. La seconda importante funzione di Immuni è poi la presenza del diario clinico. Una sezione che contiene e informazioni rilevanti del proprietario del cellulare: sesso, età, malattie pregresse, assunzione di farmaci. Diario che poi verrebbe costantemente aggiornato in presenza del Covid-19 con sintomi, stato di salute e terapie.
Come verrà mantenuto l’anonimato. Per garantire la privacy non è stata inserita una geolocalizzazione con il Gps. Una richiesta che pare fosse invece arrivata dalla task force della ripartenza per cercare di cogliere possibili contagi anche tra chi non scarica l’applicazione. La funzione però potrebbe essere inserita successivamente magari con l’autorizzazione delle singole persone.