Due alpiniste americane travolte sullo Shisha Pangma: la Cina chiude, Vielmo costretto alla rinuncia
La decisione viene dall’alto e il riferimento stavolta non è una delle vette asiatiche sopra gli 8 mila metri, ma da parte delle autorità del territorio di confine tra Tibet e Cina, una zona militarizzata sul piano politico. Lo Sisha Pangma, l’ultima e unica cima asiatica che ancora manca all’appello all‘alpinista vicentino Mario Velmo per completare la “collezione” di 8 mila, è stato per così dire “chiuso al transito”.
Che, da queste parti, significa stop alle spedizioni e alle scalate, a causa degli alti rischi connessi al pericolo di valanghe. Non solo per chi si avventura tra neve e ghiaccio ma anche per la gestione di eventuali soccorsi, oltre che per note questioni di carattere politico in Cina
Già quattro le vittime in poche ore registrate sulla 14esima montagna più alta della Terra (8.027 metri), costringendo il dipartimento locale a prendere le dovute misure di sicurezza, in accordo con il governo cinese. Tra queste due giovani donne americane di fama mondiale in “gara” per raggiungere la vetta, a caccia di record e che hanno invece trovato la morte, come la 32enne Anna Gutu (di origini ucraine) e Gina Marie “Gigi” Rzudiclo, a quanto pare uccise da due distinte valanghe che hanno coinvolto sherpa e altri alpinisti.
Per lo scalatore vicentino di Lonigo, invece, partito a fine settembre dal Veneto verso l’Asia, impresa rimandata al 2024, come rendono noto i portali specializzati. Insieme ai compagni intraprenderà il percorso inverso e raggiungerà l’Italia nei prossimi giorni. Non è la prima volta nella carriera di Mario Vielmo che un evento esterno alla sua spedizione, per quanto tragico, lo costringe a far rientro a casa senza arrivare alla vetta. Ma, come sempre, il primo pensiero sarà quello di riprovarci, non appena le autorità locali lo permetteranno e con il meteo opportuno. Ai primi di luglio, al secondo tentativo, aveva raggiunto la vetta del Nanga Parbat, in Pakistan.