Ciclismo e Lonigo sotto shock per la morte di Rebellin. Ancora in corso le ricerche del tir
Il cuore grande di una grande atleta come è stato fino a ieri Davide Rebellin ha smesso di battere alle 11.50 di mercoledì 30 novembre, pochi istanti dopo l’impatto in bicicletta da corsa avvenuto in strada regionale 11, a Montebello, contro un camion di trasporti che ha proseguito la marcia come nulla fosse accaduto. Le cui ricerche risultano in corso in tutto il Veneto e oltre, all’indomani del drammatico incidente che ha strappato alla vita il ciclista professionista vicentino.
Impossibile affermare con certezza, stando alla ricostruzione attuale, se il conducente del mezzo pesante si possa essere accorto o meno dell’investimento costato la vita al 51enne campione dei pedali, che si era ritirato dalle corse agonistiche meno di due mesi fa. Il più longevo di sempre tra i ciclisti italiani di livello internazionale.
Poi, ieri poco prima di mezzogiorno, mentre stava rientrando a Lonigo dove per trovare i famigliari – la sua residenza era a Montecarlo ma spesso rientrava in Veneto -, il tragico appuntamento con il destino. Sul luogo dell’incidente mortale è giunto, poco dopo, uno dei fratelli di Davide, Carlo Rebellin, che ha compreso subito quale dramma si fosse avverato alla vista del telaio. Ai congiunti ieri aveva confidato di voler trascorrere la mattinata ad allenarsi sui pedali, per tenersi allenato, come d’abitudine anche nelle sue visite in Veneto alla madre e agli altri parenti. Il campione vicentino morto a 51 anni d’età era sposato con Francoise Antonini, dal 2014. La scorsa estate era scomparso il padre Gedeone, conosciuto anche come titolare di un negozio di alimentari in città e con una profonda passione per il ciclismo, tanto da sponsorizzare un team locale oltre che seguire nelle gare fin da bambini i figli una volta saliti in bici.
Quello che rimane della bicicletta da corsa di Davide Rebellin, con telaio spezzato e le ruote staccate dalle forcelle, conferma che non si sia trattato di un urto con caduta. Il ciclista che impegnava la rotonda sulla Sr11 sarebbe stato arrotato dall’autoarticolato e trascinato per 20-25 metri: con conseguenze irreparabili, nonostante i soccorsi. Fermo restando il rispetto e l’attesa dovuti per il corso delle indagini condotte dai carabinieri del comando provinciale di Vicenza, questa considerazione è uno dei punti fermi mentre si attendere di rintracciare il tir-killer e chi si trovava ieri alla guida all’altezza della rotatoria che porta allo svincolo dell’autostrada A4. Decisiva sarà la sua versione dei fatti, per comprendere se si tratti o meno di un “pirata della strada” consapevole di ciò che è accaduto. In ogni caso sarà poi accusato di omicidio stradale, come atto dovuto, una volta identificato. Per parecchie ore, nel pomeriggio di ieri, i resti della bicicletta dell’ex ciclista azzurro sono rimasti sull’asfalto in attesa dei rilievi, e il tratto di strada transennato.
Infinite le “reazioni” apparse già dal primo pomeriggio di mercoledì dopo l’ufficializzazione dell’identità del ciclista travolto e ucciso da camion pirato. Sul piano delle autorità pubbliche il presidente della Provincia Rucco e il Governatore del Veneto Zaia si sono espressi subito, poi è stata la volta di tutta la stampa nazionale e internazionale di settore e di una “folla” di campioni e amici di Davide Rebellin, non solo del ciclismo, costernati dalla disgrazia. TRa questi il Davide Cassani, già ct della Nazionale che ha espresso parole dense di significato e la campionessa vicentina Alessandra Cappellotto. Proprio sulla sella di una bici che per il 51enne vicentino – nato a San Bonifacio – rappresentava una sorta di compagna fedele e imprescindibile di vita, per lui ieri è giunta la morte.