Giovedì l’addio ad Alessandra Zorzin, la mamma 21enne uccisa dall’amico guardia giurata
Due comunità in lutto cittadino, quelle di Montecchio Maggiore e della vicina Sovizzo, mentre in tutta la provincia – in realtà nell’Italia intera – ci si continua a interrogare sui delitti commessi da uomini con vittime le donne, come nella tragedia che ha colpito la 21enne vicentina Alessandra Zorzin. Un’escalation di femminicidi raccapriccianti che ha sconvolto anche il Veneto. Si terrà giovedì mattina la cerimonia funebre per dare l’addio solenne alla giovane madre di una bimba di due anni e mezzo, che lascia il compagno e convivente Marco e la famiglia d’origine, composta dai genitori e da due sorelle tutti chiaramente distrutti dalla tragedia improvvisa.
La ragazza, parrucchiera di professione che avave trovato impiego da pochi giorni in un salone e che viveva nella frazione di Valdimolino nel comune di Montecchio Maggiore, sarà salutata dopodomani alle 10.30 nel duomo dedicato ai santi Maria e Vitale. In sua memoria e con l’intento di renderlo anche esto collettivo di reazione simbolica, si sta pensando a una fiaccolata silenziosa nel centro cittadino, come avvenuto a Noventa dopo l’analoga e barbara uccisione di un’altra giovane donna e madre, Rita Amenze. Al funerale sono attesi in molti, tra cui le compagne di scuola del “Victory”, dove la giovane vicentina si era formata per diventare parrucchiera.
“Ale”, il diminutivo con cui la chiamavano un po’ tutti nella sua cerchia di amici e di affetti familiari, è stata uccisa mercoledì scorso da un uomo, poi suicida a distanza di nove ore. Il suo nome, secondo le prove schiaccianti raccolte dai carabinieri, era Marco Turrin. Una guardia giurata padovana, di 37 anni, partita in auto con una pistola modello Glock in tasca da Vigodarzere per raggiungere il borgo di collina e vendicare chissà quale presunto torto subito. Tanto da esplodere un colpo letale diretto al viso che ha ucciso la 21enne, secondo la versione nota dopo una breve quanto impari colluttazione avvenuta all’interno di un appartamento della piccola contrada. Un orrore senza fine, quello della violenza di genere, perpetrata ancora una volta con un’arma in pugno e non lasciando possibilità di difesa a chi diventa vittima della follia altrui.
L’uccisore, dopo essere fuggito e aver fatto perdere le proprie tracce per svariate ore, una volta accerchiato dalle forze dell’ordine aveva deciso di chiudere il capitolo sparandosi un colpo con la stessa arma, dopo aver accostato. Sottraendosi alle tante domande, al giudizio e alle responsabilità legate all’omicidio a sangue freddo. E’ morto sul colpo, nella sua Lancia Y a Creazzo, a pochi chilometri dallo scenario del delitto, dopo che aveva vagato in strada compiendo centinaia di chilometri in tre regioni (si era spostato dal Veneto all’Emilia e poi in Lombardia) dribblando i posti di blocco ordinati dalla forze dell’ordine.
Poi, per qualche ragione che rimarrà ignota, il killer ha deciso di riavvicinarsi al luogo del delitto commesso lo stesso giorno, da dove era scappato ormai da assassino. Sapeva di essere ormai braccato, ed è stato individuato in un locale Mc Donalds dell’hinterland del capoluogo berico: era entrato per giusto il tempo di acquistare un panino per sfamarsi, consumandolo da asporto. Per poi risalire in macchina e accorgersi poco dopo delle pattuglie di carabinieri e polizia di Stato che lo seguivano e si preparavano alla cattura, consapevoli che l’uomo fosse pericoloso in quanto armato. Nel corso della fuga non avrebbe contattato nessuno, fattore che rende ancora più difficile la ricostruzione dei fatti.
Alle 11 del mattino di mercoledì 15 settembre risale l’uccisione di Alessandra, poco dopo le 19.45 il suicidio del padovano, per un movente che gli inquirenti della Procura di Vicenza stanno tentando di ricostruire dopo aver preso atto della sparizione degli smartphone delle due persone coinvolte nella terribile vicenda. Li avrebbe buttati via lui, chissà dove, preoccupandosi di renderli irrintracciabili prima di disfarsene. Solo dei sospetti a distanza di sei giorni dal dramma, poche le certezze e nessuna tra queste rese ufficialmente note in ossequio al riserbo dovuto alle indagini. Di sicuro Alessandra Zorzin conosceva bene Marco Turrin, tanto da riceverlo in casa come un buon amico, sola in quel frangente con bimba all’asilo e compagno al lavoro. Come di sicuro non si aspettava che quel giorno sarebbe stata freddata per sua mano, lasciando nel dolore e tra gli interrogativi chi le voleva bene e una bimba privata per sempre della sua giovane mamma ancora in tenerissima età.