Picchiò il padre anziano a morte per poi andare in sala slot: assolto due volte per infermità mentale
La seconda sentenza mette la parola fine, sul piano della giustizia, alla posizione di fronte alla legge italiana di Salvatore Pangallo, l’oggi 52enne vicentino per residenza che nel 2019 picchiò selvaggiamente il padre anziano con cui condivideva – al pari della madre pensionata – un alloggio di Montecchio Maggiore, tanto da renderlo un vegetale, fino alla morte a distanza di un anno. Il dramma si svolse nell’appartamento di via Beschin, mentre la donna era assente per alcune commissioni. Alla base della reazione violenta i continui bisticci tra padre e uno dei tre figli per lo stile di vita del più giovane, come accertato in seguito caduto nel pericoloso tunnel della ludopatia.
Il pensionato di origini calabresi aveva 89 anni al momento dell’aggressione, avvenuta in seguito ad accertati screzi tra padre e figlio sfociati in ferocia con conseguenze irreparabili. Fu ritrovato con pesanti ferite profonde da impatto al cranio e al resto del corpo, inferte con una sedia da cucina. Lui non poteva difendersi in alcun modo, per l’età avanzata le difficoltà di deambulazione che lo costringevano a rimanere seduto. L’accusa di tentato omicidio, poi quella di omicidio in seguito al decesso dell’uomo – Francesco Pangallo il nome completo della vittima – causato dalle percosse da cui non si riprese mai più, sono state archiviate dopo l’accoglimento dell’incapacità mentale dell’imputato, di fatto prosciolto. Due i processi celebrati distintamente.
L’esito della trafila giudiziaria a cui è stato sottoposto Pangallo jr è riportato in un servizio di cronaca giudiziaria sulla testata Il Giornale di Vicenza, che ha seguito passo dopo passo l’iter dei giudizi in aula durato più di tre anni, con in corso l’affidamento dell’indagato in una struttura sicura. L’incapacità di intendere e volere accertata dagli specialisti del settore e presentata come tesi difensiva da parte degli avvocati di parte – Andrea Balbo e Lucia Maron con studio legale nel centro di Vicenza – è valsa quindi l’assoluzione.
Un feroce raptus di follia, incontrollabile e circoscritto in quei drammatici attimi di violenza, avrebbe spinto l’uccisore a commettere un atto esecrabile, configurabile come un parricidio. Spinto però, seguendo la determinazione dei giudici, da una volontà fuori dal suo controllo. Disoccupato già da quattro anni dopo aver lasciato il posto di lavoro in un’azienda conciaria dell’Ovest Vicentino, l’ex imputato a quanto emerso dalle indagini dei carabinieri veniva mantenuto dai genitori e la richiesta di denaro era divenuta una fonte di tensioni.
A distanza di ormai quasi 4 anni da quell’efferata aggressione – era il 19 gennaio del 2019 -, l’uomo viene costantemente seguito in una struttura di assistenza e recupero. Più volte, nel corso degli interrogatori seguenti al fatto di violenza, il figlio si è dichiarato pentito. Dopo aver malmenato l’anziano genitore, le cronache di quei giorni riportano come l’uomo fosse andato in giro per il paese, fino alla cattura in un bar della stessa città castellana, mentre era intento a giocare alle slot machines. A trovare Francesco Pangallo in fin di vita era stata la moglie – e madre dell’imputato ora assolto in Corte d’Assise -, allertando il 118.