Quattro lavoratori cinesi clandestini nel laboratorio tessile. Scattano denunce e sanzioni
Nuovo “scossone” al lavoro sommerso nel Vicentino portato a termine nei giorni scorsi dalla Guadia di Finanza berica, in particolare nel settore delle confezioni tessili gestiti da imprenditori di nazionalità cinese. Luogo d’intervento stavolta è la città di Montecchio Maggiore, dove si è effettuato un blitz mirato in un laboratorio con la collaborazione degli operatori dell’Ispettorato del Lavoro di Vicenza.
All’interno sono stati trovati quattro lavoratori di provenienza dall’Asia, tutti irregolari e quindi “assunti” in nero, con l’aggravante di trovarsi in quel luogo senza titolo per il soggiorno in Italia. In altre parole, con lo status di clandestini. Questo su un totale i 9 persone presenti nella ditta al momento del controllo.
Non si tratta, per quanto della più grave, dell’unica violazione alle varie norme riscontrata nell’ispezione, in cui “sono state riscontrate plurime e gravi” irregolarità, in ambito della salute e della sicurezza dei lavoratori tali da rendere necessaria l’immediata sospensione dell’attività imprenditoriale. Ora bloccata alla luce della “raffica” delle inadempienze, fino alla regolarizzazione delle varie lacune e che rischia un compendio che può raggiungere la soglia dei 54 mila euro.
Più in particolare, i militari della Compagnia di Arzignano hanno denunciato alla Procura della Repubblica di Vicenza per ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, avendo un visto turistico scaduto già dal 2019, i 4 dipendenti. Insieme agli altri 5 colleghi erano intenti a cucire tessuti per noti brand internazionali. Dopo essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici, si dovranno presentare in Ufficio Immigrazione della Questura di Vicenza per avviare le procedure di rimpatrio o di eventuali sanatoria qualora sia possibile.
Il datore di lavoro, anche lui di di origine cinese come i connazionali trovati nello spazio di laboratorio, è stato denunciato per aver occupato alle sue dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, favorendone lo stato di clandestinità. Ulteriori accertamenti sul posto hanno permesso di verificare che nel piano seminterrato, utilizzato per l’attività produttiva, era stata ricavata una “stanza di fortuna” destinata al riposo di alcuni lavoratori. Riscontrate quindi precarie condizioni relative alla sicurezza e alla salute dei lavoratori.
Altre problematiche di natura tecnica sono state riscontrate in relazione alle macchine da cucire professionali utilizzate (rimozione dei congegni di sicurezza con gravi rischi di lesioni per i lavoratori) e alla mancanza dei necessari e idonei dispositivi di protezione individuali (Dpi) ai lavoratori. Il datore non ha ottemperato all’obbligo di elaborazione del documento di valutazione rischi, del piano di emergenza, di formazione e addestramento dei lavoratori, non ha costituito il servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile, né ha verificato preventivamente la compatibilità delle condizioni di salute dei lavoratori. Le aree di lavoro sono risultate prive di idonea segnaletica di sicurezza, con vie di fuga ostruite per via dell’accumulo di scarti di lavoro sul pavimento; gravi le mancanze in relazione all’impianto elettrico e di messa a terra e agli estintori presenti.