Sindacati contro la chiusura (temporanea) del reparto Psichiatria: “Scelta sbagliata e pericolosa”
Sarebbe già iniziata la prima fase di dismissione del reparto di Psichiatria, il centro di riferimento per l’Ovest Vicentino ospitato nel polo ospedaliero di Montecchio Maggiore. Una misura definitiva come temporanea, per circa 4 anni secondo le stime attualmente disponibili, disposta nelle scorse settimane dall’Ulss 8 Berica per la parte esecutiva. Per poi trovare sistemazione nel nuovo ospedale unico di Arzignano-Montecchio – opera da 55 milioni di euro che sorge nella stessa area – in corso di costruzione, dopo aver demolito alcune ali del vecchio edificio non comprese nel progetto, ormai 5 anni fa (fine 2016).
A schierarsi in modo netto contro questa decisione anche i sindacati di riferimento per la provincia vicentina, la che definiscono come “sbagliata” e “pericolosa”. Ad accodarsi quindi al coro di contestazioni e preoccupazioni che la comporta prospettiva di spostamento del reparto a Vicenza, per un lungo periodo, con disagi per le famiglie di pazienti affetti da disturbi della sfera psicologica.
“In occasione dell’incontro in cui l’Ulss 8 informava le organizzazioni sindacali – spiega una nota di Funzione Pubblica Cgil di Vicenza – da subito abbiamo espresso preoccupazione per la tenuta di un servizio tanto delicato, chiedendo indicazioni precise sulle strategie che l’azienda avrebbe messo in atto per garantire la continuità dell’assistenza. Le risposte si limitavano ad ipotizzare percorsi alternativi di supporto ai pazienti, prevedendo nell’Ovest Vicentino solo un’assistenza di carattere “ambulatoriale” e senza un reale potenziamento dei servizi territoriali, mentre non sono state chiarite le modalità di riattivazione, seppure in altra sede, del reparto di degenza. Queste risposte non ci avevano rassicurato e, a sentire il personale allarmato per le ricadute di questa scelta sulla tenuta del servizio, la nostra preoccupazione era ben fondata”.
“Riteniamo grave e sbagliato chiudere il reparto – sono parole di Lara Donati, segretaria provinciale delle sigla Fp di Cgil – privando un intero territorio di un servizio importante. Riteniamo ancor più grave il fatto che l’azienda abbia dato corso a questa decisione senza aver preventivamente individuato modalità chiare attraverso cui sopperire a questa mancanza. La programmazione regionale prevede 45 posti letto per il reparto di Psichiatria all’interno dell’Ulss 8 Berica: sulla base di quale valutazione si ritiene che questi posti letto non siano più necessari? La prospettiva disegnata ne prevede ad oggi solo 30. Com’è possibile effettuare un taglio del 30% senza che questo abbia pesanti conseguenze?”
Secondo il sindacato l’incremento dei posti letto già disposto (da 30 a 32 per la precisione) non consente di raggiungere il quorum richiesto dalla Regione Veneto, competente per materia. Con rischio concreto di “alzare l’asticella” in entrata sui parametri di ricovero, vale a dire inserendo criteri più stringenti per assegnare il posto letto al paziente per evitare la saturazione del reparto. Una prospettiva preoccupante. “Come si può pensare – si chiede ancora Donati – che 2 soli posti letto riescano a sopperire la mancanza di 15? Concordiamo poi con l’idea che i ricoveri debbano essere appropriati: difficile pensare che in un reparto tanto delicato vengano ospitati pazienti affetti da patologie diverse da quelle psichiatriche, o addirittura che il reparto possa dare risposte ai bisogni di cura di pazienti pediatrici affetti da patologie psichiatriche. Ma se finora il reparto ha sopperito ad esigenze anche di altri servizi, come si può pensare di operare un taglio senza un potenziamento degli altri servizi ora in sofferenza? Pensiamo al Centro di Salute Mentale, al Servizio per le Dipendenze , ma anche alla Neuro Psichiatria Infantile, che richiede seri investimenti per dare le necessarie risposte ai bisogni di cura di minori particolarmente fragili”.
L’ultimo tema toccato nel documento diffuso da Cgil Vicenza è quello più scottante sul piano del principio, dopo aver passato in rassegna le criticità concrete. Vale a dire un’ulteriore scelta che potrebbe favorire la cure in regime privato, e quindi a pagamento. “Ci chiediamo poi: la chiusura del reparto di Montecchio Maggiore potrà condurre ad un affidamento di posti letto a strutture private? Si tratterebbe, ancora una volta, di una scelta di dismissione della gestione pubblica a favore di quella privata, in un progressivo scivolamento di cui non si riesce drammaticamente a vedere la fine. La messa a norma degli edifici e gli investimenti sulle strutture non possono essere utilizzati come strumento per smantellare i servizi pubblici in generale, men che meno quelli destinati alla popolazione più fragile.