Scarcerato Raoul Singh, il 18enne che uccise suo padre. Avrebbe difeso madre e sorella
Raoul Singh è uscito martedì dalla la casa circondariale “Del Papa” di Vicenza, per fare ritorno ad Arzignano e riabbracciare i suoi familiari che lo hanno riaccolto, vale a dire la madre e la sorella. Non il padre Arvinder che, come noto, lo scorso 19 agosto – era un mercoledì – è morto in seguito alle coltellate letali inferte proprio dal figlio 18enne, durante un corpo a corpo avvenuto nell’appartamento di via Tagliamento, nel quartiere di San Zeno.
Il culmine di un periodo prolungato di tensioni, acuite con il concorso dell’abuso di alcol, tanto che solo una settimana prima la vittima dell’omicidio era stata denunciata ai carabinieri per maltrattamenti dalla sua stessa moglie. Inoltre, solo il giorno prima Singh jr era finito in ospedale per curare delle ferite superficiali dopo l’ennesima lite con il papà, definito come irriconoscibile quando era in preda ai fumi dell’alcol. Un diverbio sfociato in violenza che costituiva un’avvisaglia e che ha preceduto l’ultimo, e fatale, del giorno dopo.
A decidere la scarcerazione del giovane di nazionalità indiana ma cresciuto nell’Ovest Vicentino è stato il tribunale del Riesame, accogliendo il ricordo del legale che lo assiste. Caduta quindi la motivazione della pericolosità sociale o rischio di reiterazione del reato che avvallava la custodia in carcere, in attesa del processo. Secondo la versione resa nota alla stampa locale il ragazzo avrebbe così agito per difendere non solo se stesso ma anche la sorella minore e la mamma, a loro dire divenute oggetto di maltrattamenti in più occasioni.
Con il rischio crescente che le sfuriate del capofamiglia, operaio di 49 anni che al di fuori del contesto familiare non avrebbe mai dato segni di eccessi, si tramutassero in aggressioni violente. Tanto da presentarsi al comando di stazione dei carabinieri, come ha fatto la compagna e madre dei due figli, ai primi di agosto. Raoul avrebbe affrontato il papà alle 17 di quel maledetto giorno d’estate, colpendolo nel tentativo di disarmarlo per poi lasciarlo in una pozza di sangue, senza vita, vegliandolo in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine chiamate dalla mamma. Questo in sintesi il racconto di quei secondi concitati conclusi in tragedia. Gli investigatori vogliono chiarire innanzitutto chi tra padre e figlio fosse armato della lama quando il nuovo alterco finito nel sangue ha avuto inizio, punto cruciale della cruenta vicenda da accertare.
Ora il ragazzo 18enne, per quanto umanamente provato da questa indelebile vicenza e da tre settimane di detenzione nella prigione di San Pio X, torna in un’abitazione che ha facoltà di eleggere a proprio domicilio in attesa dei provvedimenti decisi dal Tribunale. Rimane ovviamente indagato, con a suo carico un capo d’accusa infamante: omicidio volontario aggravato. La formula difensiva della legittima difesa, di se stesso e dei suoi cari, sarà sostenuta con forza nel processo penale che si celebrerà in un’aula di giustizia a Vicenza verosimilmente tra qualche mese.