Udienza Pfas: chiesti otto rinvii a giudizio e l’unificazione in un unico maxi processo
La richiesta della Procura di Vicenza nell’ambito del processo per inquinamento ambientale che vede come imputati più dirigenti della multinazionale indagata – l’ex Miteni di Trissino, ora in fase di smantellamento – ha avanzato richieste chiare e circostanziate: 8 nominativi da rinviare a giudizio e la proposta di unificare i vari filoni in un unico procedimento. Contrari, come era lecito attendersi, i legali difensori degli imputati. Accusati a vario titolo dei gravi reati ambientali legati all’immissione in natura di sostanze inquinanti raggruppate nel termine “Pfas“, disperse nel sottosuolo e nelle falde acquifere. I fatti contestati risalgono al quinquennio 2013-2017.
A margine il commento dell’assessore all’Ambiente, Gianpaolo Bottacin: “desidero innanzitutto ringraziare gli inquirenti e la Procura di Vicenza per il grande lavoro che da tempo stanno svolgendo in una vicenda molto complessa com’è questa. Trovo doveroso, a scanso di speculazioni politiche, ricordare a tutti che la prima denuncia è partita dalla Regione del Veneto, tramite il suo braccio operativo costituito da Arpav, ancora nel 2013 quando nessuno fino a quel momento aveva parlato di questa grave vicenda”.
Il giudice Roberto Venditti salvo rinvii si pronuncerà in merito il 25 gennaio 2021, mentre prosegue il suo percorso il filone che concerne l’ipotesi di reato di bancarotta: secondo questa tesi i vertici aziendali della multinazionale avrebbero “dirottato” gli affari della società fino a portarla a pesanti perdite e, di fatto, al fallimento. L’obiettivo dei pm vicentini è unificare i processi Pfas-1 e Pfas-2, con il primo procedimento in ordine di tempo in fase di udienza preliminare e quello “d’attualità” nell’eventualità ad agganciarsi. Particolarmente interessati agli esiti dei procedimenti sia i sindaci dei comuni “rossi” toccati dal disastro ambientale tra le province di Vicenza – l’area Ovest -, Verona e Padova, e la varie società a partecipazione pubblica di gestione delle risorse idriche, tra le quali Viacqua e Acque del Chiampo.
Intanto proseguono i lavori di bonifica, per rimediare dove possibili ai danni ambientali dalle sostanze tossiche per l’uomo e per l’ambiente, con le ripercussioni sulla popolazione locale. Il riferimento è alle sostanze pericolose note come Pfoa, GenX (derivata da HFPO-DA) e C6o4, nel dettaglio, utilizzate dall’azienda chimica. Una volta ultimati, se il giudizio finale confermerà l’impianto accusatorio agli atti, tutti gli enti uniti e compatti presenteranno il conto agli amministratori e manager privati che avevano il dovere di vigilare sull’operato della Miteni, rispettare le leggi italiane e salvaguardare il territorio che ospitava lo stabilimento ancora oggi nell’occhio del ciclone. A maggiore ragione dopo la pronuncia recente sull’impossibilità di ritenere soggetto a prescrizione un reato ambientale,
“Ad oggi sono stati investiti diversi milioni di euro – si legge in una nota unica diffusa dalle società di gestione idrica – nelle opere di ripristino della salubrità dell’acqua nelle province di Padova, Vicenza e Verona. Con la contestazione del reato di inquinamento da parte della Procura di Vicenza nel “filone Pfas-bis” è stata recepita una delle argomentazioni del collegio difensivo delle società idriche, che avevano pure rappresentato la natura permanente o continuata della compromissione ambientale e quindi la sostanziale non prescrittibilità dei reati ambientali contestati. La tesi risulta essere stata condivisa da una recente sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, 7 maggio 2020, n.13843 in materia di disastro ambientale colposo”.