Resti umani trovati per caso in canonica. Approfondimenti sulle ossa “dimenticate”
Inatteso ritrovamento di ossa appartenenti a uno o più esseri umani a Stoccareddo, la frazione di Gallio sull’Altopiano di Asiago nota ormai in tutta Italia come la “patria” dei Baù, cognome portato dalla (stra) grande maggioranza dei residenti. Scenario della solo in minima parte macabra scoperta avvenuta in realtà parecchi giorni fa – era il Giovedì Santo alla vigilia di Pasqua – ma circolata di bocca in bocca degli altopianesi a partire dallo scorso fine settimana, è la soffitta della canonica. In uno stabile da tempo disabitato, pare da almeno 20 anni, e che sorge in prossimità della caratteristica chiesa locale dedicata a San Giovanni Battista, edificio sacro emblema della comunità.
Un alloggio peraltro di proprietà comunale, dato in passato in concessione ai sacerdoti che risiedevano a Stoccareddo e in cui da tempo non vive più nessuno dopo l’accorpamento delle parrocchie di Gallio e Foza con quelle di Stoccareddo e Sasso, costituendo un’Unità Pastorale. Unica funzione ancora “attiva”, se così si può definire vista l’inagibilità dei locali del piano superiore, l’utilizzo come deposito di oggetti sacri e mobilio “da ripostiglio”, di rado usati se non di tanto in tanto nelle attività di folklore locale oppure in corrispondenza di ricorrenze religiose.
Proprio nell’imminenza di una di queste, nei giorni antecedenti alla Pasqua, nel sottotetto a fianco di un vecchio divano sarebbe è emerso un sacchetto di plastica deteriorato dal tempo, una “sporta” vetusta di cui si ignorava il contenuto. Difficile da prevedere, per chi lo ha aperto, di trovarsi di fronte a parte di uno scheletro umano con ossa ammucchiate all’interno. A fare fisicamente il ritrovamento fu allora don Claudio Campesato, salito nella soffitta, un collaboratore del parroco don Federico Zago che a sua volta ha informato della faccenda chi di dovere. Per le verifiche del caso sono stati chiamati in causa i Carabinieri della stazione di Asiago e della Compagnia di Thiene, con l’informativa inviata alla Procura berica che inevitabilmente dovrà approfondire la questione.
Non era certo necessario un medico necroforo per capire che i resti trovati casualmente appartenevano a un (o più) essere umano, oltre che avere contezza del fatto che risalissero a molteplici decenni fa, non trovando traccia di tessuti. Saranno ora chiamati in causa degli specialisti, invece, per definire il sesso, l’età e – difficilmente su questo aspetto – la causa di morte ma, soprattutto, a quale epoca risalirebbe. Si attende quindi che il magistrato di turno disponga non propriamente un’autopsia ma un esame obiettivo dei resti. A rigor di logica la connessione più a portata di mano, considerando la storia di questi luoghi teatro di cruenti conflitti bellici, porta a credere che si tratti di ossa traslati da qualche tomba o fossa comune e appartenenti a uno o più Caduti in battaglia, uno delle decine di migliaia di dispersi sull’Altopiano della Grande Guerra. In tal caso, sarebbero datati oltre un secolo.
A far chiarezza sulla vicenda e a “smontare” chi volesse farne un caso da copertina è oggi lo stesso parroco di Gallio. “Sono sorpreso e insieme perplesso di tanta risonanza in questi giorni, visto che si tratta di una cosa vecchia ormai di un mese – spiega don Federico Zago -, ma qui non ci sono grandi misteri da spiegare. Semplicemente uno dei parroci che viveva qui mezzo secolo fa – si parla quindi degli anni ’50 o ’60 – fa era egli stesso un recuperante di reperti risalenti al periodo di guerra. Parliamo di altri tempi e altre regole rispetto ad oggi, E’ probabile che abbia in prima persona collaborato ai lavori di dismissione del cimitero, luogo che si trovava dove oggi sorge la piastra polisportiva a fianco dell’attuale camposanto, oppure raccolti nel corso di camminate chi lo sa sull’Ortigara o in altri luoghi dove spesso affiorano resti o reperti del passato ancor oggi. Per poi riporli nel sottotetto in attesa di consegnarli. Una dimenticanza, si pensa, in uno stabile dove peraltro in passato hanno avuto accesso anche altre persone della comunità in possesso delle chiavi. Da parte nostra non abbiamo fatto altro – conclude il sacerdote altopianese – che segnalare la cosa alle forze dell’ordine senza suscitare clamori, cosa al contrario che ha fatto chi ha parlato impropriamente di ritrovamento di un cadavere. Quelle poche ossa trovate, non si tratta di uno scheletro, saranno giustamente esaminate e poi affidate a chi di dovere, immagino per trovare accoglienza in un Ossario”.
Come può parte di uno scheletro essere finito in soffitta di una canonica disabitata e, in secondo luogo, l’opportuna valutazione sul quando, rimarranno domande probabilmente insolute, l’unica porzione di “mistero” su cui inevitabilmente sorgeranno confetture di ogni tipo. Utile “rimediare” con ipotesi logiche come quella offerta opportunamente dal parroco, con anche il suo predecessore don Lauderio Dal Bianco (ora a Caltrano) a non poter dire molto di più, non aveva mai vissuto in quell’edificio, stabilendosi già a suo tempo a Gallio per la sua attività pastorale.