Esplorare il Vicentino – La Spaluga di Lusiana
Appoggiandosi pancia a terra e guardando giù in un primo momento si è presi dalle vertigini: l’ampia voragine precipita per più di 100 metri e appena si riesce a distinguerne il fondo. Questa è la prima sensazione che si prova trovandosi sul ciglio della Spaluga di Lusiana.
La grotta, nota anche come Buso della Spaluga, è una tra le più famose cavità dell’Altopiano di Asiago e si trova nel comune di Lusiana, nei pressi della strada che sale al Monte Corno. Il nome spaluga è sinonimo di speluga e spluga, termini dialettali che ricorrono spesso per indicare voragini e abissi di grandi dimensioni.
La prima discesa del pozzo fino al grande salone basale fu effettuata nel 1908 utilizzando addirittura le corde del campanile di Lusiana. La Spaluga poi divenne tragicamente famosa prima nel 1918, quando un autocarro di soldati italiani precipitò nel baratro a causa anche della vicinanza alla strada, e successivamente dopo la Seconda Guerra Mondiale quando la cavità fu utilizzata dai partigiani come foiba dove uccidere i tedeschi.
A proposito di questo fatto si racconta che i partigiani ponessero come possibilità ai loro prigionieri due opzioni: o lasciarsi cadere direttamente nella voragine oppure tentare la sorte provando a saltare da un ciglio all’altro della Spaluga, ma anche in questo caso si era destinati alla morte perché nella maggior parte delle volte non si riusciva a superare il salto o si veniva ugualmente fucilati e gettati nella foiba.
Tornando alla cavità, dopo un iniziale brivido si inizia ad osservare l’immane lavoro di erosione dell’acqua e ad ammirare come la luce in parte riflettendosi sulle pareti va ad affievolirsi sempre più fino a morire nel buio. È al contempo una visione affascinante e inquietante. Piano piano ci si cala legati ad una corda nel primo pozzo di 60 metri e intanto l’aria si raffresca e l’umidità aumenta. Si giunge ad una breve cengia che si affaccia sull’enorme salone sottostante, alto ben 60 metri e ampio circa 90×30 metri.
Guardando in su si vede il bellissimo effetto della luce che penetra dal foro d’ingresso e la roccia scura che sembra avvolgere lo speleologo che si cala al suo interno.
Dalla cengia si discende direttamente nel vuoto per quasi 50 metri e si atterra finalmente nel salone. Da qui lo speleologo che scende sulla corda è solo un fievole puntino luminoso quasi insignificante in confronto con gli ampi spazi della grotta. La luce non riesce ad arrivare fino al fondo, per cui si notano due fori dell’ingresso simili a finestre aperte verso il mondo esterno che lasciano trasparire poco o niente di ciò che è celato sotto.
Il pavimento è ingombro di massi di crollo, moltissime ossa di animali precipitati e vi si trovano ancora molti residui bellici: è facile imbattersi in granate, proiettili di grosso calibro e bombe, nonostante nel corso degli anni siano state organizzate diverse battute di pulizia del salone.
La cavità dopo il salone si sviluppa in ambienti più piccoli con una serie di una decina di pozzi fino al fondo posto a -270 metri di profondità dove si trova un sifone.