Montagne, incombe l’insidia bostrico. Il parassita rischia di fare più danni del Vaia
La proliferazione del parassita bostrico rischia di mettere in ginocchio le foreste di Alpi e Prealpi, comprese quelle vicentine già devastate dall’uragano Vaia nell’autunno del 2018. Vento e tempesta che abbatterono centinaia di migliaia di piante, con gli “schianti” di alberi rimasti a terra dove l’insetto nocivo ha trovato l’habitat l’ideale per riprodursi. La presenza dell’insetto nocivo era già stata denunciata dagli esperti nei mesi scorsi, evidenziando la necessità di correre ai “ripari” per evitare un nuovo disastro ambientale per le montagne, che potrebbe raggiungere proporzioni 5 volte superiore ai danni causati da Vaia.
Procedure burocratiche snellite e stanziamento straordinario di fondi dal Governo sono stati raggiunti, ma ora occorre fare presto. E fare bene, per salvare le nostre foreste da un nuovo ciclone, più “famelico” rispetto alla furia degli eventi atmosferici. A intervenire sul tema ambientale è il consigliere regionale vicentino Giacomo Possamai (Pd), che evidenzia proprio la “necessità di agire in fretta”.
Fondamentali, insomma, sono le tempistiche. Sul vassoio dei contributi dello Stato ci sono 6 milioni da euro, metà dei quali disponibili da subito per l’anno 2022, da replicare poi per quello successivo. E proprio questo “subito” è la chiave di volta decisiva se non per sconfiggere, almeno per arginare la riproduzione di questo coleottero parassita che sta infestando i boschi in quota. “Il bostrico rischia di essere ancor più letale di Vaia per le nostre foreste, mettendone a rischio la sopravvivenza – commenta Possamai -. Il Governo ha snellito le procedure, stanziando anche i soldi. Adesso la fase attuativa sia conseguente, perché gli alberi devono essere portati via con la massima urgenza”.
Nel “mirino” le larve degli insetti, agendo prima che il ciclo naturale delle stagioni consenta loro di schiudersi, liberarsi e quindi di nuovo riprodursi. “Sono le linee guida di Palazzo Balbi a indicare come la forma di lotta più efficace contro il bostrico sia la rimozione del materiale infestato in tempi rapidi: occorre distruggere le larve in fase di sviluppo, agendo prima dello sfarfallamento. È un pericolo che col disgelo primaverile si moltiplica a dismisura e il pericolo vero è che il danno diventi irreparabile, visto che attacca non solo le piante a terra, ma anche quelle in piedi indebolite da vari fattori di stress. L’emergenza bostrico è stata pienamente riconosciuta dal Governo, sganciandola da Vaia, l’ultima proroga emergenziale per la tempesta è scaduta lo scorso 8 novembre, ed è un bene perché gli amministratori locali lamentavano che non riuscivano comunque a spendere le risorse dedicate”.
“Nell’ultima legge di bilancio – sottolinea Possamai – è stato creato un apposito fondo per la prevenzione delle infestazioni fitosanitarie provocate dal bostrico. Fondo che auspichiamo venga rifinanziato. Ma soprattutto vengono sveltite le procedure, applicando misure di accelerazione dalla legge 108/2021 legate al Pnrr. È previsto, tra l’altro che proprietari, pubblici e privati, o conduttori dei boschi minacciati possano procedere alle operazioni urgenti di prevenzione più adeguate, inclusi gli abbattimenti, previa comunicazione alla Regione in deroga a vincolistica di valutazione di impatto ambientale. Adesso manca l’ultimo passo: quello dell’attuazione che dovrà andare nella direzione di semplificazione e accelerazione delle procedure, facendo chiarezza su ogni dubbio a partire dalla possibilità di installare teleferiche e realizzare piste di esbosco”.
“Le tempistiche – conclude Possamai – sono fondamentali perché l’emergenza non è solo fitosanitaria ma anche economica. Nelle linee guida regionali, ad esempio, si invita alla scortecciatura dei tronchi per limitare la quantità di legno a beneficio del bostrico, un’operazione efficace che però pesa in modo consistente sui costi di esbosco. Sono sei euro al metro cubo, se consideriamo che solo nell’Altopiano dei Sette Comuni la massa colpita è di circa 500 mila metri cubi, arriviamo a un esborso di tre milioni. Questo ovviamente riduce fortemente i margini di redditività, a meno di non alzare in maniera proporzionale il prezzo finendo però fuori mercato”.