Segherie con impianti non a norma o senza autorizzazioni: denunce e “blocco”


I controlli periodici e mirati delle forze della Guardia di Finanza di Asiago sono “puntati” ora sulle aziende di taglio e lavorazione del legno dell’Altopiano, con due istanze di verifica in corso di conclusione a Roana dopo i sopralluoghi completati. Due i legali rappresentanti delle rispettive ditte finiti sotto denuncia, per i danni ambientali ipotizzati in seguito alle rilevazioni di emissioni nocive liberate nell’aria.
Ad affiancare i finanzieri delle Fiamme Gialle altopianesi sono saliti nel Roanese i tecnici di Arpav Veneto, ai quali per competenza sono spettate le misurazioni che hanno portato a notificarne gli esiti in Procura di Vicenza. Sarebbero quindi documentate le violazioni al Testo Unico sull’Ambiente.
Nei due distinti stabilimenti, in sintesi, è emersa l’assenza delle necessarie autorizzazioni per l’emissione di polveri sottili in atmosfera. Particelle potenzialmente dannose sia per la salute dei lavoratori e delle comunità circostanti vista l’attitudine a inquinare la qualità dell’aria e dell’ecosistema. Problematiche sono emerse anche nella regolare manutenzione che spetta in capo alle aziende: in uno dei due stabilimenti, infatti i militari della Tenenza di Asiago hanno inoltre riscontrato un grave malfunzionamento nel sistema di aspirazione e filtrazione delle polveri, ad aggravare le emissioni nocive sopracitate.
A “monte“, e il riferimento non è tanto alle zone di montagna vicentina in cui sono portate a termine le rilevazioni, gli approfondimenti sono stati attivati dopo che i finanzieri avevano notato un’anomala fuoriuscita di residui di polveri sottili dal tetto di uno dei capannoni, un chiaro segnale di possibili irregolarità nei sistemi di filtraggio. Al termine delle verifiche, sono stati sequestrati i quadri elettrici degli impianti di aspirazione per impedire la prosecuzione delle attività di lavorazione del legno fino alla regolarizzazione richiesta. Gli amministratori delle due aziende rischiano ora sanzioni che vanno dall’arresto (da due mesi a due anni) a un’ammenda compresa tra mille e 10 mila euro. Nominativi di persone e le denominazioni delle aziende coinvolte non sono stati resi noti dal comando provinciale della GdF.
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