Si contagia in ospedale ad Asiago e muore di Covid a 53 anni. Esposto della famiglia
Da un banale taglio al viso conseguenza di una caduta domestica al calvario in terapia intensiva, sino alla morte. La famiglia di Giancarlo Pilati, 53enne altopianese di Gallio spirato all’ospedale di Santorso lo scorso 9 febbraio dopo il trasferimento dal polo sanitario di Asiago, ha presentato un esposto ai carabinieri della compagnia di Thiene in relazione alla degenza del proprio congiunto. E pretende che sia fatta luce su cosa sia avvenuto all’uomo che, secondo la versione affidata a uno studio di assistenza, avrebbe contratto il coronavirus proprio durante il primo ricovero ospedaliero avvenuto a metà gennaio. Per poi assistere, inerme, al precipitare delle condizioni di salute di Giancarlo, che “non risulta soffrisse di patologie definibili gravi”, fino a piangerlo dopo la scomparsa.
A delineare il quadro di parte su quanto avvenuto intorno al 53enne, per conto della famiglia Pilati, è lo di consulenza Studio3A. “I familiari hanno presentato un esposto ai carabinieri della stazione di Asiago – spiega una nota dei consulenti assicurativi – chiedendo all’autorità giudiziaria di verificare se sussistano responsabilità da parte dei sanitari che hanno seguito il loro caro, non tanto per le cure prestategli quanto per le misure di prevenzione adottate onde evitare il diffondersi del virus”.
La ricostruzione offerta dal portavoce descrive una tragica vicenda. Iniziata con un taglio accidentale sotto un occhio procuratosi da Pilati in casa, con copiosa perdita di sangue vista l’area del viso delicata per la presenza dei capillari e con la conseguente necessità di punti di sutura. Era giovedì 14 gennaio, quindi meno di due mesi fa, quando l’uomo si recava al pronto soccorso dell’ospedale di Asiago, dove per cautela è stato disposto il ricovero per alcuni giorni, nel reparto di Medicina, motivato da problemi di saturazione sanguigna molto bassa. Un problema di salute noto – e sulla cui effettiva entità ci sarà da discutere in ambito giudiziale – di cui l’uomo soffriva da tempo. Particolare importante, evidenziato da chi ha diffuso il resoconto: il cittadino di Gallio è stato accolto da soggetto negativo al tampone, circostanza che sarebbe poi stata confermata da altre verifiche successive durante i giorni di degenza.
“Giancarlo era costantemente sotto controllo – si conferma dalla fonte familiare – entrato da negativo al nosocomio e, facendo parte della cooperativa sociale asiaghese San Matteo, ogni 10 giorni veniva sottoposto a tamponi, risultati sempre negativi, come i cinque test che gli saranno effettuati durante la degenza fino al 21 gennaio. Il paziente stava bene, tanto che quel giorno i suoi congiunti erano stati avvisati delle dimissioni nel pomeriggio dell’indomani, in data 22 gennaio, accompagnato a casa direttamente in ambulanza”. Cosa che non avverrà, invece, perché in quel venerdì anziché riabbracciare il congiunto la famiglia riceve una telefonata da un medico dell’ospedale, in quale annuncia l’insorgere di problemi e, in poche ore, lo spostamento del parente nel reparto dedicato ai malati Covid. A cui seguirà la comparsa dei primi sintomi di malattia, l’aggravarsi delle condizioni di salute generali fino a necessitare di assistenza respiratoria continua, il collasso polmonare, il trasferimento urgente a Santorso in terapia intensiva e, infine, la morte dopo giorni di lotta impari contro la malattia. “Il paziente è rimasto contagiato e il coronavirus non può che averlo contratto in ospedale – sottolinea lo studio di consulenza in una nota – non essendo ovviamente mai uscito né avendo ricevuto visite”.
Inoltre, un altro fatto raccontato in questa già di per sé brutta storia lascia basiti. “Quando poi viene riconsegnata loro la borsa con gli effetti personali del loro familiare, l’anziana madre e il fratello di Giancarlo trovano una tessera sanitaria che non è sua: chiamano l’ospedale, da dove li invitano a riporre subito il documento dentro una busta in quanto appartenente a un paziente positivo che avrebbe potuto a sua volta infettare anche loro. L’ennesimo segnale che più di qualcosa non deve aver funzionato a dovere e la decisione, sofferta ma determinata, di andare fino in fondo per fare piena luce sul tragico decorso medico ospedaliero di Giancarlo”. Alla Procura di Vicenza il compito di aprire un fascicolo d’inchiesta dalla vicenda ed acquisire i referti medici, all’Ulss 7 Pedemontana la possibilità di replica, nel caso lo ritenga utile.