Richiedenti asilo, i sindaci dell’Alto Vicentino: “Andremo compatti dal Prefetto”
Andranno a portare le loro richieste di un’accoglienza sostenibile e diffusa dei richiedenti asilo direttamente al prefetto Umberto Guidato, i sindaci dell’Alto Vicentino.
Lo hanno deciso ieri pomeriggio a Sarcedo, nell’incontro urgente della ex conferenza dei sindaci dell’Alto Vicentino, convocata per esprimere la solidarietà degli altri primi cittadini a Luca Cortese circa l’ipotesi dell’arrivo a Sarcedo di una cinquantina di richiedenti asilo. Un incontro che ha rimarcato anche la necessità di tenere una linea comune nei confronti della prefettura, rilanciando quella rete di accoglienza diffusa attuata nel territorio e che più di un sindaco ha confermato funzionare sia rispetto alla qualità e serietà delle cooperative coinvolte che alla sicurezza pubblica (dove l’accoglienza è diffusa e in piccoli numeri non si sono registrati problemi). Ora spetterà al direttivo dei sindaci stilare un documento riassuntivo da portare a breve in prefettura.
In municipio a Sarcedo ieri tardo pomeriggio erano presenti una ventina di amministratori su 32 comuni. I sindaci sono stati concordi (anche se con sfumature diverse) su due punti: l’importanza di andare compatti di fronte al prefetto e la necessità che la gestione dell’accoglienza sia affidata a cooperative serie e conosciute, di cui le amministrazioni si fidano.
Altre due situazioni come Sarcedo. Cortese ha aperto l’incontro ripercorrendo velocemente i fatti accaduti nell’ultima settimana: la comunicazione all’ultimo momento da parte della prefettura dell’arrivo di una cinquantina di richiedenti asilo negli spazi dell’ex albergo ristorante Da Gigi in via Primo Maggio (con arrivo previsto nel giro di una decina di giorni e convenzione già stipulata fra cooperativa sociale Aurora e prefettura stessa) e la constatazione che la pratica era in ballo da tre mesi, lasciata al prefetto Guidato dal suo predecessore Soldà ma soprattutto dal viceprefetto Massimo Marchesiello, che ha gestito la questione profughi in questi anni e che da un paio di settimane ha assunto un nuovo importante incarico a Roma al Ministero degli interni. Il nuovo prefetto insomma, ha appurato Cortese, non sapeva molto della situazione di Sarcedo e per questo, dopo l’incontro con tutta la giunta di giovedì scorso, ha sospeso l’invio dei richiedenti asilo in attesa di ulteriori valutazioni. Cortese ha ribadito ai colleghi sindaci di aver manifestato “il no assoluto di Sarcedo a questa accoglienza”. Tre i motivi della indisponibilità: Sarcedo è uno dei comuni firmatari del protocollo per l’accoglienza diffusa del settembre 2015 e per questo già sta facendo la sua parte ospitando sette richiedenti asilo, ben integrati nella comunità. “In secondo luogo – ha ricordato Cortese – assembrare 50 profughi in un unico posto in un paese di cinquemila anime, sconquasserebbe la nostra comunità. Infine ho ricordato al prefetto che il territorio dell’Alto Vicentino, in termini di accoglienza, ha già dato a sufficienza. Il prefetto ci ha detto che oltre al caso di Sarcedo, ci sono altre due situazioni simili in provincia”. Il primo cittadino di Sarcedo ha informato poi i colleghi di aver inviato proprio ieri mattina una nota in prefettura sui deficit urbanistici di una eventuale accoglienza: “dalle planimetrie dei locali (tre appartamenti) sarebbero al massimo dieci le persone ospitabili in via Primo Maggio, e la struttura non sarebbe neanche completamente libera perché all’anagrafe risultano ancora due persone residenti nello stabile”. Fra gli elementi di grande preoccupazione per l’amministrazione, anche il fatto che la cooperativa che si dovrebbe occupare dell’accoglienza non è conosciuta e fino a tre mesi fa si occupava di parcheggi a Vicenza città.
I dubbi sulla cooperativa Aurora. I timori per la cooperativa individuata dalla prefettura li ha espressi Robertino Cappozzo, sindaco di Lugo e presidente del comitato dei sindaci del Distretto 2 dell’Ulss 7 Pedemontana: “la cooperativa non è una di quelle con cui i nostri comuni già interagiscono positivamente all’interno del protocollo dell’accoglienza diffusa, che dove è stato realizzato ha dimostrato di funzionare e per questo va rilanciato. Dobbiamo proseguire in modo compatto il percorso iniziato con quel protocollo, tenendo presente che sono cambiati anche i nostri interlocutori in Prefettura”. Ruggero Gonzo, sindaco di Villaverla, ha manifestato le domande comuni con altri primi cittadini: “Quanto contiamo realmente? Il protocollo io l’ho sottoscritto e da me funziona, con i numeri giusti e le cooperative giuste, ma è ancora valido?”.
Protocollo defunto, il futuro è lo Sprar. E’ Franco Balzi, promotore del protocollo stesso e sindaco del comune di Santorso (capofila del progetto Oasi dello Sprar – Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati – nell’Alto Vicentino) a mettere una pietra tombale sulla domanda di Gonzo: “Quell’accordo dove è stato applicato ha funzionato, ma oggi è scaduto, non è più un ombrello di protezione, è stato superato dalla presa di coscienza da parte del Governo del fallimento del sistema utilizzato finora. Ora le prefetture di tutta Italia propongono ai comuni di entrare nel sistema Sprar, con un tetto del 3 per mille e la clausola di salvaguardia per gli enti locali che aderiscono. Sono i comuni che aderiscono allo Sprar oggi ad avere qualche garanzia in più, non quelli aderenti ad un protocollo, che rischiano, come Sarcedo, in base a un principio di casualità”.
“Andiamo dal prefetto”. Per Casarotto, sindaco di Thiene, “la prefettura doveva riconoscere che ci sono comuni che hanno fatto uno sforzo e altri che non ospitano nessuno, ma rimane il problema, anche aderendo allo Sprar, di individuare cooperative serie. Quelle con cui collaboriamo a Thiene, ad esempio, ci hanno già detto che sono sature”. Il primo cittadino di Schio, Valter Orsi (comune che fa parte della rete Sprar ma non ha aderito al protocollo) concorda sulla necessità di fare massa critica e andare dal prefetto a dare un segnale forte: “O facciamo capire che siamo saturi, o saremo succubi”. Il sindaco di Marano, Piera Moro, a sua volta, guarda oltre l’emergenza: “Abbiamo bisogno di progettualità concreta, i nostri comuni hanno maturato una esperienza che la prefettura non ha. Dobbiamo pensare anche al dopo, a come gestire le dismissioni di queste persone, e alla costruzione di una nuova rete di Comuni che aderiscano allo Sprar”.
Il medio-lungo termine. D’accordo sullo spingere l’acceleratore sull’accoglienza diffusa anche il vicesindaco di Valli Gianvalerio Piva, mentre per Malo (presente assessore Sette) “Sarcedo è l’esempio che patti o non patti, non cambia molto”, ma per il sindaco di Tonezza Diego Dalla Via – comune con poco più di 500 abitanti che ha dovuto accogliere una settantina di richiedenti asilo ospitati in un albergo – la differenza la fanno gli enti gestori: “Perché la prefettura non censura le esperienze negative? Non è vero che fare squadra fra comuni non abbia pagato, avremmo potuto trovarci con il doppio delle accoglienze se ciascuna amministrazione fosse andata avanti da sola”. Anche Fara e San Vito hanno sottolineato le loro esperienze positive con piccoli numeri e gestori qualificate, mente il sindaco di Zugliano Sandro Maculan, infine, ha evidenziato la necessità di attrezzarsi per il medio-lungo termine.